Стравинский

Polpastrelli affetti d’ADHD che battono sulla tastiera, quel tanto che basta, quel tanto che basta, almeno a 200bpm e il mondo è davanti ai miei occhi.
Porno porno porno.
Rilascio il laccio emostatico dal mio bicipite destro e mi sento irradiare di calma. L’ago, sorretto impropriamente dal mio muscolo pleonastico, è infilato nella vena e cozza e scalpella il mio radio propagando nella mia cassa toracica versi di graffi striduli, quindi lo estraggo e lo getto ai piedi del letto.
Droga, droga, droga droga droga, non so cosa ma droga.
Sorrido beone e svaccato a letto, ghignando e masticando rumorosamente patatine che sbriciolano informali nell’ombelico che io poi raccolgo e porto alla bocca, restando impassibile anche a fronte della loro extra-salatura sudoripara. L’ombelico è un profondo pozzo di nefandezza.
Il mio cazzo moscio penzola senza vita, sempre a sinistra, sguazzando nel suo rigurgitio forzato e strozzato, (quello pre-venuta s’intende, quello che si sputacchia fuori un po’ prima) un rigetto indotto che probabilmente porterà con sé terminazioni virulente, che fungeranno da marker territoriale per ammorbare l’habitat circostante, di un candore biancastro talmente opaco e granuloso che può risultare a prima vista perplesso, lasciandoti poi a disquisire in un soliloquio immorale della sua sanità oppure dell’immancabile infezione (cosa alquanto probabile vista la presenza ad una più attenta analisi di chiazze giallastre suppurate). Movimenti conciliatori che alla lunga portano solo ad un tic nervoso e che non mi faranno mai arrivare da nessuna parte, perché tutto è troppo cascante e floscio per poterci fare qualcosa.
Suoni continui che escono dalle casse del computer e mi interrompono.
E’ un mondo grigio questo, respiri affannosi tra atmosfere plumbee tra smog metropolitano e sniffate di monossido d’azoto utilizzato solo per apparire un po’ più carine con le guanciotte ciliegia.
Sorridi e il mondo ti sorriderà, piangi e il mondo continuerà a sorridere, deridendoti.
Porcellane sgretolate e cocci di sogni di perfezione che si calpestano con i piedi, feriscono solamente le piante nella lunga via della fama, e dell’auto-realizzazione, che si voleva intraprendere, lasciandoti a percorrere la piccola, ma insindacabile, deviazione verso la via della vergogna (avrebbe più senso in inglese, lo so).
Guardo i muri della stanza, purulenti, incartapecoriti di petali di carta da parati sgualcita e filante, intonaco butterato smaltato malamente come un fondotinta troppo delicato per coprire solchi troppo intimi.
Il solletico provocato dal moncherino della mia lingua contro il palato mi riporta la mente al ricordo di essere quasi morto una volta, rapito da un sedicente serial killer che odiava i tossici o che so io. Tutto il mondo sta marcendo nella propria overdose e quello viene a prendere proprio me. Sono quasi morto, legato a letto per un anno e mantenuto in vita da varie sostanze psicotrope che mi bombardavano i neuroni, ma non mi lasciavano morire. Decisamente il più grande trip della mia vita (è in quel momento di follia personale che mi sono tranciato la lingua di netto per lo stupore, mi sembrava la cosa più giusta da fare, allora). Ricordo anche il profumo pungente e smielato della moltitudine opprimente di “Arbre magique” che sormontava la camera dove mi teneva legato, lo sento ancora che mi molesta le narici, anche se le sfrigolo con l’indice e il medio, irruente, ma nulla, l’odore non accenna proprio ad andarsene.
Alla fine l’hanno preso credo, o comunque mi hanno salvato, più di là che di qua, ma comunque ero ancora vivo.
Queste esperienze dovrebbero insegnarti qualcosa mi hanno sempre detto, ma alla fine una volta rimesso, mi son ritrovato qui, nel mio appartamento, coscientemente immobilizzato, a mangiare cibo spazzatura direttamente dal sacchetto o dal barattolo, a differenza dei casi, trasportando a fatica il grave fardello dell’ottemperanza dell’ozio indiscriminato ancora una volta. Passo il palmo della mano sul pube, rimuovendo, forse, l’appiccicume, e riprendo a due mani la tastiera del pc. Le orbite oculari si eclissano in uno spasmo neurologico di puro piacere tossico.
Droga droga droga, sapessi ora che mi son buttato nelle vene.
Il monitor che si distorce e si muove oscillando come le onde dell’oceano è un sassolino lanciato che affonda provocando un maremoto.
Questa è la nuova realtà, il parossismo della materia che si fonde con la virtualità.
Mugolo lallazioni incomprensibili che sono solo sbuffi per lo sforzo nel rimettermi in posizione, l’aver mosso la mano mi ha spostato di qualche millimetro dalla sagoma permanentemente memorizzata nel materasso, e nel dover ritrascinare il peso del mio corpo, 36 chili e 430 etti nell’ultima volta che ho avuto l’accortezza, o la voglia, di pesarmi, nella sua postazione abituale.
Un universo solipsistico portato dall’eccessivo dimagrimento e dalla trascuratezza esasperata all’implosione come singolarità fortuita e un buco nero che inghiottirà ogni cosa. L’apatia due punto zero è un bug del sistema che porta ad un crash imminente, una deprivazione sensoriale totale che seguirà il modesto nirvana del nuovo millennio.
Il lunedì fa schifo ma anche tutti gli altri giorni non scherzano, in una routine che è un susseguirsi inarrestabile di vacuità mondana.
Il bippare incessante dell’applicazione “mail” desta, per sfinimento, la mia attenzione, così mi appresto a visionare la posta in arrivo, pronto all’olocausto epistolare.
L’occhio cade sulla cartella spam, che illuminata, sembra volermi fornire la risposta a tutta le domande della mia vita. La apro.
“Cambia il tuo piano tariffario con solo…” Cazzate.
“Il segreto dei porno-divi è finalmente svelato! Ingrandisci il tuo pene di 7cm in una settimana…” Cazzate.
“Firma la petizione per fermare l’uccisione della Dendroica cerulea…” Cazzate.
“Scopa a pochi km da casa tua, basta seghe!” Cazzate.
“David Fincher i soldi quando cazzo me li da?” Ferma. Riconosco l’indirizzo del mittente e resto confuso. E’ il mio.
Non ricordo minimamente di essermi inviato una mail con questo titolo, non avrebbe alcun senso.
Fermi tutti. Apro la mail, la quale contiene solamente un link e riporta le iniziali sul fondo “MRM”.

http://www.imdb.com/name/nm0533197/

Clicco sul link che mi rimanda immediatamente ad una pagina di IMDB, acronimo di Internet Movie DataBase. La bocca si espande e si contrae in un’espressione a metà strada tra lo sbigottito e lo spaventato.
La pagina che sto osservando, e che mi sta facendo temporaneamente rinunciare, mio malgrado, alla mia tenace indifferenza, è di un certo Michael Reid MacKay, attore nato il 24 Giugno del 1953 nella piccola cittadina di New London, Connecticut. La filmografia (o come si sul dire “Forse vi ricorderete di me per…”) riporta:

2015 – Insidious 3 – L’inizio / L’uomo che non può respirare
2003 – La battaglia di Shaker Heights / Ragazzo magro
2003 – X-Men 2 / Jason Stryker
1998 – Il ciclista sconosciuto / Luc Pierre
1998 – L’allievo / La vittima dell’incubo
1997 – Batman & Robin / Bane
1997 – Buddy – Un gorilla per amico / Uomo magro
1995 – Ace Ventura – Missione Africa / Marito magro col monocolo
1995 – Raging Angels / Demone di media statura
1995 – Seven / Victor

Leggendo questa ultima nota tutto il mio corpo trasalisce in una contrazione muscolare incontrollabile come se uno spillo metallico mi fosse stato conficcato improvvisamente nella colonna dorsale in modo indelicato e grossolano.
Osservo la foto dell’attore che non avevo dapprima notato. Siamo due gocce d’acqua.
Non stiamo parlando di un sosia o una somiglianza apparente, quello sono proprio io.
“Victor! mi chiamo Victor!” urlo. Le pareti restano fredde e apatiche e non rispondono, ovviamente.
Mi guardo dentro e non può essere, io so chi sono.
Sono Victor.
Victor il tossico.
Victor il rapito.
Victor quello che è quasi crepato e le altre informazioni relative al mio passato sono superflue.
Ma quella foto e quel nome mi perseguitano inondandomi la mente e soverchiando qualsiasi altro pensiero.
Chi sono io? Davvero, chi sono io?
Lo smarrimento è assoluto.
Da personaggio secondario di film mi ritrovo ora ad essere soppiantato dalla mia accidia ostentata ed essere trasportato qui, solo ed unico protagonista di un racconto di serie infima.
Mi chiedo, dunque, esisto? Non esisto? Esisto su diverse dimensioni?
Celluloide, carta stampata, pixel su pixel sono solo sovra-incisioni di un’immagine sfocata che non si riesce a distinguere con chiarezza.
Sono Dio?
Sono solo un sospiro che viene esalato nella preoccupazione incessante del mondo, la flatulenza che se ne esce, strisciando attraverso l’intricato ingarbuglio di peli anali, prima di abbandonare ogni speranza ed accettare di dover morire.
La via delle Stelle sta risplendendo ad ogni mio passo e scorre nella decisione che ho già preso.
So chi sono.
Sono Victor, lo sporco tossico.
Victor, l’appassionato onanista.
Victor, l’imperituro protagonista ignorante.
Victor, quello che adesso cestinerà la mail e prenderà in mano la sua vita e continuerà, nella sua sconfinata passività riacquisita, anche un volta finito il racconto, con la sega che aveva precedentemente interrotto.