110 Rubli

Caro, amatissimo, Marko,

spero che i centodieci rubli che ti ho inviato siano stati d’aiuto per la gazjeta. Me ne rammarico, ma non sono riuscita a metterne insieme di più. Parte del denaro proviene dai miei risparmi personali (quei pochi rubli che mi lasciò mio padre e quello che ho ricavato vendendo le mie vecchie poesie, che come sai, valevano e valgono ben poco). Il resto l’ho sottratto dal denaro che Leonid mi ha affidato per le spese della casa.

Anche se hai creduto sempre l’opposto, la realtà è che negli ultimi anni le nostre finanze sono andate sempre più assottigliandosi. I ricavati dei fondi di Pskov sono stati modesti: cattivo raccolto e pessimi rapporti con i braccianti.

La cosa peggiore di tutto questo è Leonid. Dallo scorso giugno è tornato a casa, dopo che gli spararono alla mano sinistra nella battaglia di Naroch. Mi vergogno, ma ho sperato che morisse. Odio quella sua faccia greve e il suo micragnoso pene e quella parte dei nostri figli che gli somiglia. Sono infelice e disperata, Marko, sono già vecchia nei miei trentadue anni, la mia pelle mi si assottiglia e ho i primi capelli bianchi. Sul mio corpo sono rimasti pochi brandelli della donna che ero.

Questa notizia probabilmente ti compiacerà.

Però ricordati che l’inchiostro del tuo giornale lo paga l’uomo che si scopa la donna che un tempo amavi. A sua insaputa, ne convengo, ma i soldi provengono dai contadini che lavorano la terra di Leonid, figlio di Leonid Skrijabin.

Ma non voglio essere cattiva anche con te, perdonami.

Marko, non ti scriverò più e non farlo nemmeno tu per ringraziarmi di questo denaro. Sono nella fazione sbagliata, per quanto mi disgusti, ma comunque avversa e contraria alla tua.

Spero che la vostra rivoluzione sia folgorante e che si fotta lo zar, si fottano i suoi ministri, si fotta Leonid Leonidovic Skrijabin e si fotta questa mia infelicità.

Benché mi ricordi ancora cosa sia la felicità: una notte innevata per le strade di Mosca e le tue mani sotto la mia pelliccia di zibellino.
Tua, Ariadna