Abbracciami piano, sennò ci risiamo

Era novembre ed era freddo, non troppo però. Era una notte senza luna e solo i lampioni illuminavano quella panchina triste e bagnata d’umido. Si scaldavano a parole perché a volte bastano loro, più degli abbracci, più dei baci e più delle carezze sul viso. Era la notte giusta per farsi sconvolgere la vita ma col senno di poi sarebbe stato meglio che fosse giorno, che non fossero usciti e che non avessero mai parlato, o forse no.

Scusami, era la notte giusta, anche con il senno di poi.

Lei aveva gli occhi curiosi, volti a scoprire nuovi mondi e menti, lui aveva gli occhi stupiti, volti solo verso di lei. Sono strane le relazioni, sono come le prospettive, sembrano ma non sono, devi un attimo sforzarti per capire che in fondo non è come sembra, oppure sì.

Scusami ancora, la relazione era esattamente quella che speravate, ha solo bisogno di tempo e di danni.

Passata la notte di novembre il calendario ha perso una pagina e si è fatto dicembre. Faceva già più freddo, c’era bisogno di baci e abbracci perché forse le parole non scaldano più degli abbracci; gli abbracci ti danno fuoco. Dicembre porta con sé il famoso senno di poi, insieme agli abbracci forti e agli occhi stanchi, ha messo sale su una ferita aperta, e questa brucia che fa sudare, però io te l’avevo detto che poteva far male.

Scusami di nuovo, fa bene anche stare male.

I giorni trascorrono e arriva gennaio, puntuale e lungo che non passa mai. Si abbracciano meno adesso e osservano le conseguenze delle loro scelte sbagliate, quasi non si trovano più, ma si riconoscono sempre. Le conseguenze sono come le relazioni che sono come le prospettive perché anch’esse sembrano senza essere, mettono il cuore in pausa e fanno perdere tempo. A partire da questo momento ogni pagina sul calendario cadeva a picco come allacciata ad un sasso nel mare, inesorabile e veloce. Si intravedevano e forse si evitavano, il cuore pizzicava e gli occhi erano distratti. Non c’erano più pretesti e il tempo gli dovrà delle scuse prima o poi ma fino ad allora si godranno la vita e i giorni inesorabili che passano e pesano. Lei si scusa con se stessa che forse non ha dato abbastanza e lui si scusa a lui stesso che forse non ha preso l’abbastanza di lei, le scuse si incontrano ma non si trovano perché è il tempo che le prenderà per mano e ve le porterà.

Era di nuovo novembre ed era di nuovo notte, non c’era umido e la luna questa volta illuminava a giorno due volti vicini che si scambiavano baci salati; la panchina è adesso un tronco nella rena. Si toccano lui e lei, prima forte poi piano, l’impeto li spinge un po’ sulla sabbia un po’ nel mare; lottano una battaglia d’amore piena di passione e rabbia congelata. Non si erano più visti ma solo sognati, in quelle notti insonni in cui si pensavano senza scriversi e senza parlarsi. Si pensavano e si amavano in segreto, come le scuse che si dovevano e che solo a novembre su quella spiaggia si sarebbero confessati. Lei aveva pianto in silenzio perché nemmeno le federe potessero sentirla, lui si era arrabbiato che gli si incendiava il cuore ma il tempo era trascorso e ponderava un lieto fine pieno di scuse e voglia di fare l’amore che quella notte di novembre portò, tra conchiglie sepolte e profumo di salsedine.

Scusami sa di rinuncia e rassegnazione ma cela in sé un senso di rispetto e di consapevolezza che serve a non farsi sopraffare. Scusarsi è un dovere che si deve prima a se stessi e poi agli altri perché scusandosi si capisce e si accetta la parte più debole di noi stessi e che vorremmo a tutti i costi tutelare.

Intanto loro sono ancora sulla spiaggia a scambiarsi saliva salata e si tengono le mani un po’ rugose per via del mare che li raggiunge sul bagnasciuga. Si guardano e non fanno pause da quei baci lunghi e carichi di tempo perso che vogliono a tutti i costi recuperare. Si guardano e si scusano senza dirselo perché nemmeno il fiato trovano in quelle bocche impegnate, solo lei dopo poco si stacca da quelle ventose morbide, lo fissa per un po’ e sussurra: “però abbracciami piano, se no ci risiamo”.