Anguille

Maria sta all’inizio della via, ci sono solo case singole e una manciata di cani che ringhiano da dietro i cancelli.
Fa la quarta elementare, trascorre gran parte
dei pomeriggi a disegnare cose che le vengono in mente.
Sta seduta composta in cucina, sola con i suoi pastelli
in mano.
Oggi disegna una signora che saluta,
ma le copre il viso di api.
In quel momento, alla fine della via, uno sciame di api si posa sul volto di un’anziana mentre saluta il marito.
Le entrano anche in bocca e non può neanche urlare, dagli occhi le scendono lacrime.
Maria non lo può sapere, sta accadendo altrove.
Cambia foglio assorta e disegna bambini che nuotano a dorso alle piscine comunali, ma ci aggiunge tante anguille scure. E in quell’istante la piscina del paese diventa come la vasca dei capitoni al pescivendolo, ma fluttuano neri insieme ai bimbi.
Poi cancella i bambini e rimangono solo anguille luttuose.
E per davvero nella piscina comunale scompaiono tutti i bambini e l’acqua è un nido di anguille. Si intrecciano in danze oscure.
Il maestro di nuoto, pallido, non sa cosa fare.
Grida: “cosa dirò alle madri?”.
Maria continua a non sapere del suo potere.
Concentrata tempera una matita.
“Quasi quasi” pensa “ora disegno me stessa”.
Ma poi non è soddisfatta e si cancella con foga.
E nel mentre, lì in cucina, le scompare una gamba. Scompare l’altra gamba. Scompare il busto. Scompaiono le braccia.
Non se ne accorge, sta cancellando con furia.
Rimane solo la testa. Una testa che urla sospesa.
Maria non ha più mani per cancellarla.
Non ha più mani per disegnare,
disegnare anguille scure.