Blue Moon

Il lenzuolo bianco pesa sul mio corpo come un fardello osceno comprimendomi le costole fino a farmi soffocare. La pressione esercitata dall’oggetto di cotone provoca piaghe lungo i punti del mio corpo dai quali le ossa, anche se solo leggermente, sporgono verso l’esterno.
Il materasso mi inghiottisce, sprofondo lentamente in sabbie mobili ironiche e scricchiolanti. Cerco di muovermi, ad uscire da questa situazione, ma il lenzuolo mi impedisce ogni tipo di movimento.
Allucinazione tattile.
Una telecamera fluttua davanti a me, si alza, mi guarda, mi scruta, esamina la mia pelle esangue e fredda, vivisezionando l’inconsistenza del mio corpo fino a raggiungerne ogni segreto.
L’occhio digitale dell’apparecchio pare ora essere esattamente sopra di me, puntato contro di me, come una pistola pronta a far fuoco. I miei occhi si voltano rapidamente verso la TV nell’angolo. Il movimento improvviso delle pupille mi provoca una forte fitta ai lati della testa.
Vedo me stessa, inquadrata dall’alto, incapace di muovermi, mummificata nel mio stesso dolore.
Allucinazione visiva.
Vedo un lenzuolo, la mia sagoma sotto di esso si erge lievemente, pietrificata, come quella di un cadavere coperto da un telo. Causa del decesso?
Il candore del lenzuolo di pochi giorni fa è stato completamente compromesso: macchie di piscio, vomito ed escrementi tingono la tela come un grottesco Pollock. Un sudicio test di Rorschach che si pone tra me e il mondo esterno, impedendomi qualunque via di uscita. Cosa ci vede lei, signorina?
Il silenzio diventa assordante, talmente opprimente da permettermi di sentire il mio stesso cuore schiantarsi incessantemente contro la cassa toracica. Duecentoventi battiti al minuto. Tachicardia. Il sangue fluisce raschiando contro le pareti delle vene, grattando la superficie come se volesse uscire.
Allucinazione sonora.
Improvvisamente la mia bocca si riempie di un sapore acre, l’odore della bile inonda le cavità nasali fino a farle bruciare.
Nessuna allucinazione questa volta.
Tendo la mano verso il secchio ai piedi del letto. Inerte, il mio intero braccio non reagisce, a differenza delle mie budella, che si contorcono in una strana danza orientale. I muscoli della pancia si contraggono. I conati, dapprima leggeri, si fanno estremamente violenti e dolorosi. Non respiro.
Falso allarme.
Rimango distesa, supina, immobile, una statua di pelle ed ossa, di brividi e paure. Il sudore imperla la mia pallida fronte, arricciando sottili ciocche dei miei capelli altrimenti lisci.