Cadere dal nido

Anni fa, in primavera, ho osservato un merlo nero, piccolissimo, cadere dal proprio nido. Era in un punto irraggiungibile per poterlo aiutare. Poi notai che la madre era a pochi metri da me e lo stava controllando, e mi guardava come per dirmi di non muovermi. La natura ha così tanto da insegnarci. Cadere dal nido significa aver fatto quel salto nel vuoto che ti permette di esplorare ciò che fino a un attimo prima guardavi con vertigine.
Anni fa in autunno ho osservato i miei cuginetti muovere i primi passi. Dal gattonare, simile a normali cani,
hanno iniziato ad alzarsi, a costo di aver le gambe che tremano e a costo di cadere su sassi appuntiti.
Al contempo una mia cara amica non esce più di casa da vent’anni. Non accetta nemmeno più le mie visite e la immagino spesso piena di polvere, come certe bomboniere che ti regalano ai matrimoni.
Credo sia una questione di esplorazione. Un merlo che esce dal nido vuole cavarsela da solo, vuole vedere oltre, vuole volare. Così come un bambino stanco dei 3 metri quadri nei quali vive, si alza e cammina per raggiungere da sé i propri obiettivi.
La mia amica crede di aver visto tutto. E’ cresciuta, ha lasciato la casa dei genitori presto, denigrando le proprie radici, ha frequentato i peggiori benvestiti che potesse trovare, scortesi, volgari ma con una cravatta sempre ben annodata. Ha vissuto a Parigi, a Londra, si è vestita nelle migliori boutique europee. Ha basato la sua vita sugli altri senza mai tenere salde le redini delle amicizie e delle passioni. Cosicché, presto, la solitudine se l’è mangiata viva e il suo corpo ora giace di fronte alla tv. Me l’immagino spesso illuminata a intermittenza tutta la mattina, tutto il pomeriggio e tutta la notte da show televisivi spazzatura, a rimirare trucchi, abiti e scarpe una volta suoi.
Credo sia una questione d’orizzonti che per lei sono sempre stati troppo miseri. Una vita agiata da mantenuta era sempre stato il suo scopo principale. Per quanto le raccontassi di come funziona il mercato che si inghiotte tipe come lei, il suo unico pensiero era una borsa nuova. I suoi orizzonti, quando oltrepassati, non le permettevano mai di volare o di stare in piedi da sola, ma solo di avere un nuovo desiderio da colmare. Non so per quanto tempo le ho spiegato che una stessa crema con un tubetto di colore diverso per il giorno e per la notte era inutile perché il contenuto era esattamente lo stesso. Ma valeva per tutto ciò che per lei valeva.

Il tempo può essere un nanosecondo come un anno come cento. E mentre ripenso al merlo che avrà lottato contro vento e pioggia per andare a sfamare i propri figli e ai miei cugini che nel frattempo hanno imparato a leggere, ripenso a lei fondersi con il proprio divano con il rossetto perfettamente messo e una vestaglia piena di piume. Forse il prossimo passo per l’uomo è essere un individuo che scelga di alzarsi e buttarsi nella ragnatela della propria mente e di agire al netto di cliché sociali di qualsiasi tipo, per vedere meglio e oltre l’orizzonte: è interna a noi, la sola, unica e vera linea da oltrepassare.

(di Anna Dalla Bona)