Ciucca a l’asiatique

Ma quando arriva l’hangover? Sono nove mesi che sto in botta. Ubriaca fradicia. Nella fenomenologia dell’ubriaco si parte da un livello di allegria piacevole per poi approdare nel peggiore dei casi a pregare di morire perché si è decisamente passato il limite. Il livello di ubriacatura in cui mi trovo da mesi non assomiglia all’euforia-calimocho da erasmus spagnolo fatta di vino, zuccheri e caffeina, nonché miscela da leone all night long esattamente a metà tra la sbronza e l’alticcio. La mia è una sbornia faticosissima.

La consapevolezza della dipendenza è arrivata una sera di caldo febbraio in direzione tropici.

Dormo quelle ore di viaggio da Halong Bay in poi, tanto passata la porta dell’amicizia al confine tra Vietnam e Cina, il tempo di percorrenza diventa per magia inversamente proporzionale alla distanza.

Mi svegliano urlando di muovermi e senza capirci nulla scendo tra una spinta e l’altra tirandomi dietro lo zaino per 2210 km, polvere e disagio. Questa è la storia di come sono arrivata nella capitale del Vietnam, ovvero buttata giù dall’autobus.

Hanoi è stato lo shottino di assenzio alle 5 del mattino quando oramai si è decisamente fatta una certa. Tutto intorno una jungla di cavi di Vietnam Telecom, odore di pho, contadini con enormi bilancieri, persone sedute in strada a bere caffè, vendi cibo, vendi cose – tante, troppe cose – ammassati nelle stradine della città vecchia già intasate da fiumi di motorini rumorosi, molesti e clacsonanti. E’ stato come se mi avessero fatto un gavettone di umanità.

Avete mai immaginato come potrebbe muoversi un battello ebbro? Io mi immagino un oscillare tranquillo come il pendolo di un metronomo, però ecco meno simmetrico e più sbilenco, quasi ipnotizzante in uno spazio onirico definito. La sbronza di Asia non ha niente a che vedere con i battelli ebbri, con le serate ispirate, con i filosofi proletari e con la magia dei dehor. La sbronza asiatica è come il Katun, mentre ci sei sopra l’unica cosa che realizzi è che hai perso la bussola. Poi scendi, recuperi l’orientamento e vuoi fare un altro giro. Ma ad un certo punto anche la curiosità finisce e da lì in poi, si salvi chi può, inizia l’insofferenza. Vivo e giro l’Asia da mesi e mi ha ubriacato a tal punto da pretendere l’hangover. Un hangover domestico e familiare fatto della vecchia Europa e di negroni. Insomma adesso basta e come direbbe Pinocchio nella mia Toscana natia: «Babbo so’ tronco».