Colazione

“Cemento”, in senso figurato, è “ciò che stringe in maniera saldissima”. Riflettevo su questo. Il cemento non mi ha mai entusiasmata, il cemento come materiale intendo. E’ grigio, monotono, piatto. Però è anche vero che ha una sua forza, una sua fermezza, una sua sicurezza. Tutte cose che mancano a me. A noi, credo. E non sto parlando dei soliti giovani senza futuro. Sto parlando di un noi che forse nemmeno esiste. Non so se sia mai esistito un noi come lo intendo io. Un noi di cemento. Ora, senza cadere nelle classiche banalità sul volersi un mondo di bene perché a Natale siamo tutti più buoni, quello che sto dicendo è che se fossimo di cemento, se fossimo stretti l’uno all’altro in maniera saldissima, niente più ci potrebbe toccare. Non ci sarebbe spazio per altro che per noi. E Dio solo lo sa quanto sia difficile tenersi stretto anche solo il proprio ragazzo, figuriamoci il vicino di casa, il controllore del treno, l’esattore delle tasse, il Premier. Una gigantesca utopia, ecco di cosa sto parlando. Un puzzle perfetto, dove ognuno sta accanto all’altro, tutti incastrati a ricreare un paesaggio di Monet o, che ne so, Peter Pan che vola  verso la sua Isola. Sarebbe una figata. E invece la realtà è che siamo come un biscotto dimenticato nella tazza del caffelatte. Io odio quando mi succede: una schifosa poltiglia, miriadi di micro pezzetti di biscotto molliccio che nuotano in un liquido marroncino. Sembra merda, ecco cosa sembra. Bene ragazzi, io questo penso: una bella colata di cemento ci vorrebbe. Fino alle caviglie diciamo, perché bisogna pur respirare. Per fermarsi, per guardare chi è quello bloccato lì, accanto a te. Guardarlo bene, tanto che cazzo hai da fare? Sei bloccato nel cemento. Trovare cosa ha lui che tu non hai, cosa hai tu che non ha lui. Parlare. Capire. Sentire. Fermi immobili in un mare di cemento e di reciproca comprensione. Tutti stretti in maniera saldissima. Provaci adesso a farti i cazzi tuoi. Ne devi avere di fantasia per fartela passare. Prima o poi ti verrà voglia di fare due chiacchiere, no? Oppure, devi pisciare? Accomodati sopra le mie scarpe, io tanto non mi posso muovere e tu nemmeno. Così, uniti, ma sul serio. Bloccati, cementati al suolo, costretti a guardarsi. Fosse anche solo per un giorno. Magari a Natale, a Natale sarebbe perfetto, perché a Natale siamo tutti più buoni, siamo tutti dei bei biscottini, dei dolci frollini al cioccolato che nuotano in un mare di latte. Pronti per essere mangiati. O dimenticati.

(di Barbara Bizzotto)