Dialogo tra il marchese Le President e l’imprenditore Chapènne

«Le President, marchese! Ho novità dalla festa di ieri sera.»

«Bene amico mio, bene. Mi è giunto un che all’orecchio, ma nulla più. Vogliate dirmi.»

«Dunque, ricordate quel tale borghesotto torinese, Le Spritz? Pare che nell’ebrietudine più smodata abbia raccontato del periodo in cui conobbe Londra ed ivi visse. Dice di avere trescato a lungo con madame Le Boob, oltremanica e lussuriosamente – che vergogna President. Quasi mi sembra di offendervi a parlarne.»

«Vi avevo detto, caro Chapènne: un uomo da poco lui e la signora una sciantosa, nient’altro.»

«Ma c’è di più, l’illibata signorina di cui s’è tanto parlato negli ultimi giorni è assolutamente ignara di tutto e si teme che lui voglia raggirarla per avere il di lei frutto. Insomma, marchese, non posso che darvi ragione. Non un galantuomo come noi parigini: di feccia si tratta!»

«Ah Chapènne, fate bene a parlare della signorina: non pensiate comunque di lei le migliori cose.»

«Marchese, cosa andate dicendo? Mettete forse in dubbio il candore di mademoiselle Le Minne?»

«Non posso mettere in dubbio ciò che non esiste, ascoltate: la signorina è anche lei torinese, e pare sia venuta in questa luminosa metropoli per cercare fortuna grazie a quel candore e quella bellezza che hanno accecato voi come tanti altri. Sembra che abbia già dato gioie a molti, tentati, indeboliti e sconfitti da quella sua lasciavia serica e suadente. Dunque non sarò certo io a farvi notare quanto quel corpicino la renda desiderabile.»

«La smetta Le President. So benissimo che scherzate e che voi non tocchereste mai una fanciulla come lei. Lo ripeto: siamo rari galantuomini nella steppa che è l’umanità.»

«Ah Caro Chapènne, quanto vi stimo: pur trattando quotidianamente col danaro e le peggiori bassezze umane, sapete essere così integerrimo e retto in mezzo a quest’accozzaglia di vili e mediocri che ci tange ed insozza.»

«Marchese, vi ringrazio. L’onore storico della mia famiglia di polverieri non può che specchiarsi mirabilmente in me.»

«Ben detto Chapènne, ben detto.»