Editoriale

Un giorno di luglio del 1876, Alfred si svegliò con il piede giusto: miscelò della nitroglicerina con della farina fossile e carbonato di sodio, q.b., inventando così la dinamite. Evidentemente galvanizzato dall’esplosione di creatività non esitò a pronunciare queste parole:
“La mia dinamite sarà più efficace di qualsiasi accordo internazionale per la pace. Non appena gli uomini si renderanno conto che si potranno distruggere interi eserciti in un solo istante, rinunceranno alla guerra”.
Non biasimiamo ne compatiamo il buon vecchio Nobel per questo strafalcione, si può peccare di superbia e tracotanza anche essendo in buona fede. D’altronde lui stesso accuserà sulla propria pelle gli effetti nefasti della sua invenzione: durante quegli stessi esperimenti suo fratello perse la vita e suo padre rimase mutilato. Alla luce dei fatti la conclusione brillava lapalissiana, tanto era chiara nella testa di Alfred, il quale, tormentato dalle possibili applicazioni belliche della sua invenzione, e con il fegato corroso dai sensi di colpa, sul letto di morte decise di destinare le sue ricchezze, guadagnate detonazione dopo detonazione, ai più meritevoli tra gli uomini prodigati nell’ “apportare considerevoli benefici all’umanità”, fondando così il celebre premio. Ancora oggi, dopo più di cent’anni, occorre tramandare la vera eredità di Nobel, ovvero il paradosso della dinamite come panacea e della Bomba H come toccasana; nonché una riflessione che coinvolga il concetto di deterrente e il valore dell’errore nel processo di apprendimento. Si tratta dello stesso paradosso che vede il maggior numero di premi Nobel per la pace assegnati al paese più guerrafondaio dell’ultimo secolo. Il paradosso del mors tua vita mea. Il paradosso che promulga la guerra come unica via per la pace. Il paradosso vissuto dal soldato semplice, che ringhiando Bangalore si sente più vivo che mai nell’attimo appena antecedente alla morte, sua o del suo nemico. Il paradosso che ci permette di etichettare la Guerra come giusta, o peggio santa. Il paradosso dell’uomo occidentale che predica il pacifismo e l’amore dei popoli, guidando il suo SUV e lamentandosi dell’aumento del costo del carburante con la moglie, assorta nella paranoia della Prova bikini. Il paradosso che ci vede tutti coinvolti in una guerra: personale, intima, esistenziale, ma pochissimi di noi coinvolti in una guerra reale dove i proiettili vengono sparati e le bombe sganciate. Il paradosso che ci vuole come esseri dotati di ragione, sì, ma che non possono fare altro che continuare a sparare sbagliare.

(di Eric Parolin)