Falsehood is so easy, truth so difficult

Ha la fronte bassa, gli occhi di un grigio spento, il naso grande e pendulo, la bocca enorme nella quale si intravedono i denti storti e il mento ‘qui n’en finissent pas’… Ora, in questa mostruosa bruttezza risiede una bellezza potentissima che in pochi minuti rapisce e sconvolge la mente, cosicché, alla fine, ci si ritrova innamorati di lei, come è accaduto a me. Sì, consideratemi innamorato di una donna con pretese da intellettuale che ha una gran faccia da cavallo.
È così che Henry James descrive una delle romanziere più famose dell’epoca vittoriana. Una donna conosciuta soprattutto per aver costruito moltissimi scandali attorno a sé e ai “men of letters” dell’Inghilterra di metà Ottocento. Tutti la ricordano per essersi scelta uno pseudonimo maschile, oltre per avere, appunto, una gran faccia da cavallo.

È brutta, ma con un tale fascino e intelligenza da far innamorare decine di uomini. Giornalista, saggista, traduttrice e romanziera. Agnostica e liberale. È stata l’amante di molti intellettuali sposati garantendosi in Inghilterra la fama perpetua di donna dai facili costumi. Si è sposata due volte, la prima con un uomo già sposato e la seconda con uno di vent’anni più giovane di lei. È stata la prima a lavorare per una delle riviste più famose del tempo (la Westminster Review) e a mostrarsi ad un pubblico di soli maschi: non si era mai vista una donna frequentare i circoli culturali e letterari di Londra prima di lei.

È brutta, ma con una voce calda e profonda, armoniosa e dolce.
È borghese, ma particolarmente vicina alla gente di cui nessuno si ricorda, quella gente che passa le sue giornate a pelar patate, a lavare i panni sporchi nel fiume e a mungere le vacche.
È immorale, ma fa della moralità la chiave dei suoi romanzi. Rappresenta l’ossimoro della nostra società, fatta di continui contrasti e incongruenze. Non ha mai avuto paura di mostrarsi in tutta la sua sincerità ed è riuscita a fare ciò che a noi tutti viene sempre difficile: essere veri. I suoi romanzi sono permeati dalla fedeltà, fedeltà nel ritrarre persone e cose come erano riflesse nella sua mente.

George Eliot vuole sentirsi accettata dalla società nonostante le sue scelte immorali e la sua faccia da cavallo e per fare ciò non può che accettare le persone così come sono: nei suoi romanzi le rappresenta con il naso storto, le loro antipatie e le loro sciocchezze. Lei non vuole essere capace di creare un mondo migliore di questo nostro: un mondo in cui ci alziamo al mattino per andare a lavorare, verso il quale rivolgiamo il nostro sguardo freddo e cinico, contemplandone le strade sporche e i negozi chiusi e gli uomini e le donne come sono in realtà, uccisi dalla nostra indifferenza o feriti dal nostro pregiudizio. È proprio per questo motivo che George Eliot fa della verità la sua poetica che irrimediabilmente si riflette nella sua vita: una vita di piaceri e voleri che nell’Ottocento non trovano spazio, ma che è riuscita a fare suoi, dimostrando che non sono solo i nasi dritti o i visi gentili a dar voce al potere. E puoi anche avere una gran faccia da cavallo, ma non sarà certamente quella a fermare la tua mente.