Grigioconiglio

Mattina. 04:21
“Presto che è tardi” mi disse il Bianconiglio prima di svoltare l’angolo. Da quando avevo smesso le pillole, le allucinazioni erano meno frequenti, ma decisamente più nitide. Avrei potuto affondare le mani su quel pelo bianco folto e sentirne il tepore. Mi ci sarei accoccolato, se me ne avesse dato il tempo, e sarei andato alla ricerca del mondo dei sogni, perché lì il tempo non c’è. Perché non sento il rintocco delle lancette perforarmi il cervello. Ma quel dannato scappò tra i miei pensieri e io decisi, pur non avendo scelta, di seguire l’allucinazione.
Pochi passi dopo lo rincontrai, ma sembrava fosse passata un’eternità. Quel pelo, dapprima bianco e folto, si era diradato e rappreso. Era di colpo tramutato in un madido grigio topo. O era grigio fumo di Londra? Non ho mai avuto tempo per capire la differenza. E poi Londra non è grigia, soprattutto a Natale. Vedessero Mestre.
Quel coniglio mi fissò dritto, in fondo agli occhi. I suoi denti mi incutevano timore. Portarono alla luce i miei ricordi più nebulosi. Ed ebbi la netta sensazione di morire. Tutta la vita prese a passarmi davanti. Come una pellicola. O meglio come un rotocalco. Nemmeno ricordavo questa parola. Chissà da quanto tempo non passava nella mia testa. Chissà i miei neuroni cos’avranno pensato nel rielaborarla.
In un batter di ciglia ero nato, cresciuto, avevo picchiato ed ero stato picchiato, guarito, sbronzato al punto da non ricordare (però me lo ricordo), fumato la prima sigaretta, la prima canna, la prima striscia, rischiato di morire per un incidente stradale, l’ultima striscia, l’ultima canna, l’ultima sigaretta, incontrato il Bianconiglio. Incontrato il Grigioconiglio.
Ed ora il mondo stava per crollare. Quel coniglio poteva anche azzannarmi. Il tempo era finito.
Mattina. 04:22
Il mondo non è crollato. Mi sono svegliato. Anche se non è proprio dormire. Ogni tanto mi assento. Non sento il tempo. Il cervello va in un’altra modalità. Come sono diventato così? Era ieri che potevo conquistare il mondo. Ora il mondo mi comanda e io non so nemmeno perché sono a soqquadro. Di fianco a me c’è mio figlio. Respiro affannosamente. Cerco di calmarmi. Di fianco a me c’è il mio futuro, che dorme. Avrà bisogno di tempo per diventare il mio attuale presente. Avrò bisogno di tempo per far si che il suo presente non assomigli nemmeno vagamente al mio presente.