Guerra giusta ed etica del duello

Il concetto di guerra giusta contiene a prima vista un carattere contraddittorio, ovvero l’attribuzione alla guerra di un predicato evidentemente di carattere morale, l’essere giusta.
In questa espressione oramai di uso comune si rinviene infatti un forte presupposto, cioè quello che vorrebbe i fautori di una guerra come i depositari della vera giustizia, coloro i quali sono incaricati di praticare ed esportare un sistema valoriale la cui verità è assoluta e incontrovertibile.
Viene immediatamente da pensare in questo senso agli Stati Uniti d’America sotto la presidenza di George W. Bush.
Il petroliere texano si trovò infatti, dopo l’attentato terroristico alle Torri Gemelle, a condurre guerre preventive di situazioni di pericolo, alcune contrassegnate dall’appellativo di “guerra giusta”, come quella contro l’Iraq nel 2003.
Gli USA si mossero militarmente contro gli Stati ritenuti conniventi con le organizzazioni terroristiche, e accompagnarono queste operazioni belliche con la necessità di ripristinare il giusto laddove imperava l’ingiusto, principalmente nei sistemi politici e istituzionali degli Stati in questione, per esempio l’Afghanistan.
Prescindendo dal discusso diritto alla legittima difesa invocato in quella occasione, sembra chiaro come una guerra condotta in nome di un valore morale come quello della giustizia sia più o meno un ossimoro:
una guerra non sarà mai fino in fondo giusta, poiché l’etica, secondo principi largamente condivisi, non accoglie come suo sottoinsieme le violenze di cui una guerra si compone.
Se di guerra eticamente giusta dunque non si può parlare, sembra però esistere un’etica della guerra: può essere utile pensare ad un’etica bellica nei termini di un’etica del duello, come sostenuto da Carl Schmitt.
Una guerra fra stati troverebbe la sua unica giustificazione nel principio cardine dell’etica del duello, ovvero nella “capacità di due contendenti di dare soddisfazione l’uno all’altro”, poiché in tal caso prevedrebbe soltanto gli aspetti di conflitto orizzontale e paritario fra i contendenti dettati dalla struttura del duello.
Questa lettura è sicuramente controversa, ma se la si segue, come propongo di fare, non vi sarebbe allora, in mancanza di questo requisito, nessuna giustizia ulteriore a cui si possa appellare chi, come gli USA dopo il 2001, voglia aggiungere l’aggettivo “giusta” al sostantivo guerra.

(di Davide Della Rosa)