Il trono imperiale di Re Sole

Non sempre le Prime Volte corrispondono alle nostro ideale di perfezione. Anzi, spesso risultano più spiacevoli che indimenticabili.
Ora, provate a pensare al Re Sole seduto per la prima volta nel suo water imperiale. No okay, non è un’immagine piacevole. Ma provateci.

Ve lo immaginerete monumentale nel suo sguardo da nobil’uomo, ben stabile sopra una tazza di bianca porcellana, mentre allunga una mano per afferrare un rotolo di carta di seta. Bene, non fu così la sua prima volta nel cesso di Versaille. Nient’affatto. Quando si chiuse la porte alle spalle, il nostro Luigi non avrebbe mai pensato di dover affrontare tante peripizie per il solo espellere le sue feci. Non aveva considerato il fatto che la vita ti prende alla sprovvista, il nostro grande Sovrano. Voglio raccontarvi cosa avvenne, quel grigio pomeriggio di dicembre, alla corte imperiale.

Re Sole e i suoi duecento paggetti infiocchettati erano appena arrivati alla nuova reggia. Saltellanti come cavalette, già i servetti si apprestavano a sistemare gli effetti personali del re nelle stanze residenziali, quando Sole alzò una mano in segno d’ascolto. Tutti tacquero, improvvisamente, e il Re annunciò che necessitava dei servizi. Spaventati da una richiesta inattesa, quelle formichine si misero a correre da una parte all’altra dell’edificio nel tentativo di capire dove effettivamente potessero essere, quei servizi. Dopo diversi minuti, nei quali il sovrano sembrava essersi rinchiuso in una profonda meditazione, un omino accorse urlando dal fondo del lungo corridoio bordeaux. Il bagno era laggiù, stava rantolando, indicando un punto indefinito sopra le scale. Subito, il Re si risvegliò dal torpore. Balzò in piedi e si lanciò verso il primo scalino, sollevando con una mano il mantello per non inciamparci sopra. Il Re correva e correva e correva, ma gli scalini sembravano moltiplicarsi ad ogni passo e il suo bisogno si faceva sempre più impellente. Cosa fare? Pensava, ansimando e tremando al contempo. Non sapeva se ci sarebbe arrivato, ai servizi. E di quella casa non conosceva nemmeno le dimensioni! Cosa fare, cosa fare, cosa. Stava arrivando al termine della scalinata, perlomeno. Saltò a piedi pari gli ultimi due scalini e per poco non cadde di testa contro il preziosissimo vaso di cristallo che la Regina gli aveva donato. Quello, sarebbe stato un disastro. Non il fatto che stesse per svuotare lo stomaco sul pavimento. No, quello era scusabile. Alla fine, la reggia era sua. Si immaginò il costosissimo tappeto persiano sul quale stava correndo cosparso di feci e, inorridendo, cambiò immediatamente idea. Doveva arrivarci, al bagno. La candida parrucca di dieci metri che gli copriva il capo pelato iniziava a pesargli, ora. Dondolava da una parte all’altra della testa e lo sbilanciava. Con la sua unica mano libera, cercava di sorreggerla aggrappandoci le unghie. E correva, ancora correva. C’era vicino, ormai. Il servo gli galoppava davanti indicando con un dito un punto qualsiasi nell’aria. Il Re sentiva d’esserci vicino. Oppure, sentiva di non farcela più. In ogni caso, c’era. E, come per miracolo, c’arrivò davvero. Il Paradiso accolse il Grande Sole quando si sfilò i calzoni dalle gambe pelose e si sedette sulla porcellana gelata. Vedete, la porcellana c’era. Ma la posa, dovete credermi, fu tutt’altro che monumentale. Il Sovrano sembrava un povero malato dopo un atroce attacco di convulsioni. Lo sguardo vuoto, la bava alla bocca e il volto pallido come farina. Ve lo sareste mai immaginato così, il Re dei Re?

Eppure, quella fu la sua prima volta nel cesso di Versailles. E, se questo vi sembra poco, sappiate che nessuno aveva pensato al rotolo di carta di seta. Nemmeno il nostro Luigi, con le mutande calate e la parrucca storta. Inoltre, per la sua prima volta, il Re non aveva assolutamente pensato al fatto che quando manca la carta igienica a Versailles non basta urlare come forsennati e cadere sfiniti con la testa sul lavandino.

Non basta essere l’uomo più ricco di Francia.
Non basta possedere 80000 metri quadrati, 700 stanze, 2175 finestre, 6000 dipinti e 2000 sculture.
Non basta disporre di duecento servi in cipria e raso.
E non basta, non basta davvero, convincersi che si possano ripercorrere millemila scalini con le gambe strette e le mani dentro la parrucca.

(di Vittoria Serena)