La macchina nell’uomo

Fin da quando era un giovane studente di zoologia e biologia che seguiva le lezioni dell’eminente T. H. Huxley, amico e sostenitore di Charles Darwin, Herbert George Wells lavorò a più riprese ad una storia riguardo i viaggi nel tempo e il possibile futuro della razza umana.
Nel 1895, all’età di 29 anni, diede alle stampe la versione finale di The Time Machine: divisa in dodici brevi capitoli. La storia raccontava di uno scienziato che, dopo aver raggiunto la Londra dell’anno 802701, entra in contatto con ciò che rimarrà del genere umano: da una parte gli Eloi, una specie senza difese dedita alla danza e al gioco; dall’altra i temibili (e ben più interessanti) Morlock, creature rintanate nel sottosuolo con competenze tecniche. Wells, memore delle lezioni di Huxley, fece osservare al protagonista che probabilmente queste due specie sono le discendenti della borghesia e del proletariato, i frutti di un’evoluzione sociale iniziata con la rivoluzione industriale. Una certa porzione dell’umanità dell’epoca era andata incontro ad un cambiamento delle proprie abitudini e comportamenti a causa delle macchine, una rivoluzione che continua ancora oggi: basti pensare
al fatto che possiamo accedere in qualsiasi momento ad applicazioni che registrano quasi tutte le nostre attività: cosa mangiamo, dove andiamo, quanto corriamo e così via. Questi sono sistemi incentrati, digitali come sono, sulla quantificazione numerica: un’esigenza nata evidentemente in ambito industriale.
Darwin scrisse nel 1859 ne L’origine delle specie che “nessun istinto complesso può essere prodotto dalla selezione naturale, se non tramite il lento e graduale accumulo di molte variazioni”; è questo il caso del rapporto tra l’uomo e il linguaggio della macchina, la cui rapida evoluzione tecnologica non gli ha lasciato il tempo e la maturità per assorbirlo adeguatamente. Egli è costretto a cambiare i propri comportamenti per evitare che le proprie attività non siano registrate, analizzate e classificate. Queste dinamiche stanno portando sempre più al cambiamento della nostra percezione della realtà verso un ambiente numericizzato in cui risiedono alcune sacche di resistenza a difesa del calore analogico.
Ciò che ci aspettiamo dal futuro diventa quindi una questione di fede nella tecnica: saremo divisi in Eloi e Morlock oppure l’assuefazione alla logica della macchina sarà tale che un giorno, “tramite il lento e graduale accumulo di molte variazioni” daremo origine all’Homo Machinus?

(di Filippo Lorenzin)