La mia mamma

La mia mamma ha occhi verdi e mani vispe. Si è innamorata una volta sola in vita sua e ha deciso di chiamarmi Barberina: Barberina come una piccola Barbara.
Dal primo anno d’asilo fino alla terza elementare, ogni singola mattina, che fosse inverno, estate, autunno o primavera, mi portava a prendere un gelato e un bombolone alla crema. Ed infatti la mia rimbambita felicità infantile era esattamente una felicità fatta di dolci, la stessa che provo ora quando, dopo pranzo, mi prepara il caffè con tre cucchiaini di bianco zucchero.
Mi conosce bene, o meglio: conosce le mie piccole vanità. Sa che darmi ragione mi dà soddisfazione. Sa che “tranquilla, sarà un altro trenta” mi fa pensare intelligente. Sa che “invece che piangere di nascosto in camera tua, vieni da me che lo facciamo insieme” mi fa sentire voluta veramente bene.
La mia mamma insomma mi ha cresciuta di un’ innocente superbia, spazzolando ogni sera i miei lunghi capelli marroni e cucendo per me i suoi più bei vestiti.
Ogni suo gesto è quotidiana ed abitudinale superbia, ma una superbia che fa stare bene.
“Andiamo a comprare i fiori, ma il fiore più bello rimani sempre tu!”