Music Pill #6 – parte terza

Dai poveri migranti in cerca di un assaggio del nostro sbandierato sviluppo ai laureati che da questo sviluppo cercano una via di fuga, fino a quelli che nell’altrove trovano un approdo sicuro dalle mareggiate della propria coscienza. Tre modalità, tre mondi e tre ambizioni. Raccontate con tre canzoni ciascuna e dei racconti brevi, talvolta solo accennati, sospesi tra parole e musica.

Nomadi-3: I prenditori nel grano

Husker Du – Standing by the Sea
(Zen Arcade, 1984)

L’opera massima di questo power-trio da Minneapolis è un concept album sull’irrequietezza dell’io, condannato ad essere fuori luogo, e sulla conseguente fuga per scappare da sé stessi. Invano.
Il giovane Holden huskerdiano è un ragazzo che corre, che scappa ma non per codardia. Fugge dai genitori che lo hanno cresciuto, dalla ragazza che lo ama, dagli amici che gli vogliono bene. Senza una meta precisa in testa, lascia le certezze del presente per gettarsi nella ricerca affannosa e disperata del senso stesso della sua esistenza. Il nomadismo diventa quindi la risposta alla frustrazione dell’animo e alla solitudine a cui ci condanna la nostra condizione di esseri umani. L’altrove assume dimensione salvifica, il non-qui e il non-ora sono, paradossalmente, la dimensione ideale dove cercare rifugio.

Il protagonista di questo eccezionale album capirà, dopo un lungo e travagliato percorso, che contrariamente a quello che si aspettava fuggire non è la risposta che cercava e tornerà alla vita di tutti i giorni. Ritrovarsi da solo in riva al mare, osservarlo ingrossarsi, mentre le onde scandiscono il ritmo dei suoi pensieri, gli farà assaggiare quella libertà che è andato tanto cercando. Scoprendosi però, ancora profondamente infelice.

Perché, come ci insegna Supertramp, «la felicità è reale solo quando condivisa».

Doors – Spanish Caravan
(Waiting For The Sun, 1968)

In questo flamenco rivisitato dai Doors c’è tutta l’inquietudine, la sofferenza, il desiderio, l’ansia che un migrante porta nel cuore e nelle gambe. La tensione verso il ritorno, il rimpianto di qualcosa o qualcuno, ma anche l’amore per ciò che sarà. L’argento e l’oro nelle parole di Morrison diventano la speranza per un futuro migliore, la proiezione dei desideri, delle aspirazioni, dei sogni, mentre la Carovana Spagnola è il mezzo, la via, o anche solo la possibilità di andare in un luogo che non sia quello in cui siamo.
O almeno a me piace vederci questo.
In un affresco cangiante, che vale la pena di ascoltare con gli occhi semichiusi (o semiaperti).

http://www.youtube.com/watch?v=AibBR-Jwg4g

David Bowie – Warszawa
(Low, 1977) 

Bowie cammina lentamente fra le vie di Varsavia vecchia. E’ il 1973 e i segni del grande bombardamento sono ancora ben visibili. Nei palazzi, nelle strade, nelle espressioni della gente. David è costernato, da poco tempo si è trasferito in Europa in cerca di nuovi spunti creativi insieme al suo amico Brian (Eno). Forse non se lo immaginava così, il vecchio continente.
Le strade sono semivuote. Qualche cane randagio rovista tra la spazzatura e nell’aria si respira puzza di marcio. Il tempo sembra non passare mai, l’atmosfera sospesa in quello che ha tutta l’aria di essere un luogo dimenticato anche da Dio.
La sua attenzione viene poi catturata da una donna. E’ sudicia, un fazzoletto le raccoglie i capelli intorno alla testa mentre, china, lava dei vestiti. Sorride.
Un’emozione li travolge entrambi come una folata di vento nella calura estiva, David e Brian si precipitano in studio e compongono un brano strumentale eccezionale, che riempie l’aria con una melodia dolcissima ma amara, come quello che mi immagino essere il viso di quella donna che anche dopo aver visto radere al suolo la propria città, sorride. E non pensa nemmeno ad andarsene.
Perché, alla fine di tutto questo nomadismo, nella sedentarietà risiede una capacità unica dell’essere umano. Ricostruire.

P.S. Non so se le cose siano andate davvero in questa maniera. Probabilmente no. La canzone, ad ogni modo, merita.

Marco Dalla Stella