L’altra

Quella sera di fine aprile bevemmo e ridemmo tanto, io Marco e Giada. E facemmo l’amore, io e Giada. Marco invece andò a dormire presto, come ogni volta prima della partenza.
Io e Marco eravamo stati in Afghanistan, Iraq, e tutti quei posti dove qualcuno aveva deciso di ammazzare qualcun altro, sempre per gli stessi inutili motivi. E allora ci toccava partire, per fare un paio di dannatissime foto che ci facessero sentire vivi. Premevamo quel pulsante solo se il soggetto era a due passi dalla morte. Marco diceva che era come ammazzarli, io però non gli avevo mai dato ascolto.
Io e Marco fotografavamo bambini, soprattutto quelli armati.
Eravamo partiti per la prima volta a diciassette anni, per pagarci una vacanza e farci qualche femmina del luogo. Poi le nostre foto erano state pubblicate in prima pagina, quindi continuammo.
Successo, soldi, donne. Avevamo tutto, ma tutto non era abbastanza.
Io avevo conosciuto Giada durante una delle mie passeggiate solitarie, durante le quali riuscivo a non pensare al mio lavoro. Ci innamorammo, e quando mi disse di scegliere tra lei e l’altra, la guerra, presi una decisione: avrei fatto l’insegnante di fotografia.

Marco aveva continuato ad alimentare la sua ossessione per l’altra.
Voleva cogliere gli sguardi spenti, quelli che imploravano aiuto. Non capiva che non serviva quasi a nulla. Che serviva solo a farsi ammazzare, qualora qualche stronzo avesse deciso di divertirsi con il solito sangue. Qualora qualcuno gli avesse urlato “tu, pezzo mierda, peddofile”, in un italiano improbabile. Qualora qualcuno gli avesse sparato soltanto perché avevi scattato una foto a un piccolo essere di sette anni. Qualora qualcuno gli avesse sparato proprio con la pistola del piccolo essere di sette anni.
Marco sapeva bene che quella sera di fine aprile avrebbe dovuto fare l’amore con Giada, come avevo fatto io. E accettare quel posto da insegnante, come avevo fatto io. Invece aveva fatto le valigie ed era partito, proprio come avevo fatto io.

Giada, una mattina qualunque di un giorno qualunque, tornò dalla solita spesa al supermercato. Vino, vodka, e qualche pacchetto di patatine. Prima di entrare nel suo appartamento controllò la posta, trovandovi una busta, contenente una fotografia.
Due occhi carichi di odio e due impauriti, mentre due mani grandi e sporche ne avvolgevano due minute ma ancora pulite, innocenti. Ancora per poco, solo l’attimo di uno sparo.
Infine, semplicemente, uno scatto.

(di Antonio Chisari)