London Weekend

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L’Half Moon a Putney, appena a sud del Tamigi, zona sud ovest, ci accoglie con le sue luci esterne e la lavagna “The Members live tonight” che sono quasi le 20.00 di un giovedì di fine settembre.
La zona è bellissima, il locale anche: pub arredato bene, accogliente e caloroso davanti con spettacolare sala concerti nel retro.
Dei Members avevo preso proprio a marzo il loro ultimo disco, “One Law”, lavoro davvero ben riuscito sicuramente tra i miei preferiti di questo 2016.
Li avevo scoperti nei primi anni zero con la loro hit “The sound of the suburbs”, praticamente il loro pezzo più celebre, dentro ad una tripla compilation punk acquistata ad Amsterdam durante una memorabile gita scolastica.
Memorabile sarà anche questo concerto all’Half Moon per il sottoscritto: alle 20.40 (qua in Italia, il regno della musica, a quell’ora deve ancora arrivare la band al locale) sale sul palco il buon Jc Carroll, chitarrista e anima della band che ha raccolto il testimone di vocalist dopo la dipartita di Nicky Tesco qualche anno fa, ed esegue due canzoni in acustico tratte dall’ultimo “One Law”; nello specifico “Robin Hood in reverse” e “Here comes the big black dog”.
Poi viene raggiunto sul palco dai tre sodali e partono in elettrico con “The Model” dei Kraftwerk in versione reggae, una connection personale visto che ho visto i quattro tedeschi all’Arena di Verona quest’estate.
Su Facebook veniva spiegato come questo sia uno show particolare: una prima parte con pezzi meno noti, qualche cover e chicche varie, piccola pausa e seconda parte con concerto “serio” vero e proprio.
Nella prima parte c’è spazio anche per una “Baby, Baby” dei Vibrators ben riuscita, “Waiting for my man” dei Velvet Underground e “Free at Last” di Al Green.
Mi salta all’occchio subito che i Members sono quattro ottimi musicisti, molto bravi aldilà dei classici schemi punk rock, e questo in un certo senso emergeva già ai tempi d’oro della loro carriera quando flirtavano parecchio con il reggae, cosa che comunque non si improvvisa senza certi fondamenti.
Il pubblico è composto da circa una cinquantina di persone: età media bella alta, vecchi punk rockers cresciuti, gente che ha visto che da vicino il punk ’77 e tutto quello che è venuto dopo, gente che mi mostra la foto che ha con Paul Cook dei Pistols fatta fuori da Stamford Bridge prima di una partita del Chelsea. Fantastico.
Pausa sigaretta in strada e vai di seconda parte, caraterizzata da grandi classiconi tipo “Solitary confinement”, “Soho a go go”, “Flying again”, una bella ripresa di “Radio” loro singolo commerciale del 1982 che sfondò in Australia, e “Working Girl” che sembra un pezzo power pop dei Beat di Paul Collins.
London reggae con “One Law”, punk rock hooligan con “Chelsea Aggrro” (ascoltare canzoni che parlano di Shepherd’s Bush, dei Chelsea, di King’s Road a Londra non ha prezzo) e gran finale con “Sound of the suburbs”.
Mi faccio una foto con Jc, conosco uno dei Vibrators, insomma seratine che ti mettono in pace col mondo.
Il venerdì vado alla British Library di King’s Cross dove c’è una mostra, “Punk 76-78”.
Pannelli fotografici, memorabilia, postazioni audio, fanzine esposte, quaranticinque giri: un tuffo al cuore, andrei a vederla ogni giorno.
Alla sera ci sono i Lurkers a Stockwell, zona dura vicino Brixton.
Il “Cavendish Arms” è dignitoso, sicuramente meno figo dell’Half Moon, i tavolino sono simili a quelli che mettono alle sagre.
Concerto in apposita saletta appartata (faccio ancora paragoni con l’Italia ma qua da noi di salette collegate al pub ne ho vista solo una in quindici anni di concerti) e bell’ambientino prettamente punk.
Qualche ’82, skinheads, punk rockers: insomma pubblico decisamente sottoculturale, il che mi piace.
I Lurkers sono diversi dai Members: in realtà della formazione storica è rimasto solo il bassista Arturo Bassick e gli altri due sono un nonno punk e un tipo con i capelli a punte metà gialli e metà neri.
Fanno un ora di punk rock spedito e senza fronzoli: in mezzo c’è anche del buon pop punk, tipo “Miss world” che sembra uscita da un disco targato Lookout!, dinamite come “Ain’t got a clue”, “New guitar in town”, “I don’t need to tell her”, “Shadow”.
Arthuro Bassick tiene molto bene la scena, colloquia col pubblico, un vero istrione che fa andare la serata per il verso giusto.
Si ok va bene, il punk rock originale è una faccenda per inguaribili nostalgici, è roba di 40 anni fa, ma sai che frega a me dopo un weekend a Londra di questo spessore?