L’unico astro vivente

In paese ne erano tutti convinti. Le foglie nelle strade avevano smesso di svolazzare, nonostante fosse piena estate e di aria, nelle campagna vicentina, non ne soffiasse da mesi. Il campanile non osava fiatare. La luna illuminava dall’alto ogni casa del paese creando lunghe ombre che si distendevano a macchia d’olio sui campi di grano.

Roberto stava lì, anche lui sospeso, come le foglie attente a non cadere sul ciglio della strada onde far il minimo di rumore.

Undici metri lunghi quanto la via lattea. Undici passi, e una porta barriera tra l’eternità delle galassie e la profondità di un buco nero. Avrebbe brillato o si sarebbe eclissato.

Undici passi e avremo avuto la quarta stella cucita sul petto di una intera nazione. Sessanta milioni di italiani nel mondo, in apnea nello spazio, in attesa che la forza gravitazionale di un pallone oltre la barriera possa riportarli sulla terra.

In paese, a Caldogno, ne erano convinti tutti. Lui, il predestinato.

Qui la situazione era diversa. Lì alcuni, quei piedi, quell’uomo, lo avevano creato. Plasmato, amato, cresciuto, venerato, idolatrato. Baggio, per loro, era la semina per il grano. La natura non parlava. Le persone tacevano e facevano il conto alla rovescia in silenzio partendo da undici. Era notte fonda. Il caldo di Pasadena non era niente in confronto a quello nelle case di Caldogno. Già da un mese si sudava ad ogni tocco del Roby. Tutti avevano preso ferie per quel mese.

Baggio osserva la porta, lo spazio, la voragine, galassia, senza muovere un muscolo della faccia. Al dischetto non ha mai fallito. A Caldogno non c’è mai stata così pace. Roberto non sta bene, è stanco, ha giocato centoventi minuti con uno stiramento. Eppure è lì fermo come se non volesse mai tirare, e invece è l’universo che ha smesso di muoversi.

Lui è l’unico astro vivente.

Poi si sblocca.

Meno undici.

Il viso, con quei suoi piccoli occhi, vira verso sinistra.

Meno dieci.

Le mani scivolano verso i fianchi.

Meno nove.

Il codino sobbalza con quei nastrini che lo tengono legato.

Meno otto.

Il piede destro fa il primo movimento in avanti. Baggio è fuori dall’aria.

Meno sette.

La linea bianca è superata. La telecamera già fatica a seguirlo.

Meno sei.

Roberto è una cometa pronta ad entrare in collisione con un pianeta.

Meno cinque.

A Caldogno le ombre sono sparite. Anch’esse non osavo contrastare la forza dell’impatto.

Meno quattro.

Un pipistrello sorvola le case, cagando su un tetto.

Meno tre.

Gli anziani, i bambini, amici e vicini di casa davanti alla TV diventano fotografie in bianco e nero.

Meno due.

Caldogno è in questo istante una Pompei pronta a essere ricordata per l’eternità.

Meno uno.

Anche i battiti di cuore smettono di vivere. Le anime dei cittadini diventano polvere sottile che si dissolve tra i caminetti. Roberto svanisce come un fantasma. Una luce bianca invade il creato. La nebbia saluta la luna.

Ne erano tutti convinti.

Fuori!