Madre snaturata

E’ un peccato che il primo momento di vita non si riesca mai a ricordare. Me lo racconta spesso mia mamma. Del nostro primo incontro le è rimasta impressa nella memoria la mia faccia incazzata che la guardava con aria accusatoria. Non sono mai stata una bambina semplice e questo ha messo il suo nuovo ruolo di mamma subito in discussione: anche se si metteva di impegno con le pappette nutrienti puntualmente gliele rigettavo sul piatto. Quando mi portava alle visite accompagnata dal suo senso di inadeguatezza, il pediatra sdrammatizzava dicendo che la facevo risparmiare sulla spesa.

Mi ricordo ancora il rumore della macchina da cucire che andava al mattino quando mi svegliavo. Un rumore che a distanza di anni riusciva ad echeggiare in casa nonostante il silenzio. E ricordo ancora le persone che venivano in casa a farsi fare abiti da mia mamma. Più che di abiti avevano bisogno di farsi ascoltare e di combattere la solitudine. Storie di uomini e donne con difetti fisici, di veterinari ballerini, di artisti di strada, di donne eccentriche e di papà preoccupati per i propri figli. Ancora adesso quelle storie riemergono ogni tanto per spiegare gli anni ‘90 a Torino.

Ricordo ancora i tempi lunghissimi ad aspettarla quando andavamo dai clienti. L’ho seguita per molti chilometri sulla pianura padana. E capitava spesso di perdersi. Ma con un sorriso riusciva sempre a sdrammatizzare le mie lamentele e a ritrovare la strada. È stata la prima ad insegnarmi il grande potere della leggerezza.

Una leggerezza che per una mamma sola con una figlia tredicenne a carico era l’unica strada percorribile. Tutti i miei demoni, le mie storielle amorose finite male e le annesse pessime figure sono stati distrutti dal suo senso di ironia.

Ora che ho 22 anni, custodisce gelosamente il mio diario degli errori adolescenziali e tenendo sempre nota comincia ad essere spettatrice dell’adulta che sto diventando. Ogni tanto riguarda le vecchie pagine e si fa grandi risate, ripensa ancora a quante lacrime ho versato per nulla e a quante volte mi sono lasciata abbattere dallo sconforto. Lei mi è sempre stata vicina con il sorriso, con un litigio o con un incoraggiamento nonostante tutti i suoi dubbi su cosa sia giusto fare. La verità è che a fare il genitore non ti insegna nessuno. E nessuno ti insegna ad essere forte e a fare la parte di entrambi. Ogni giorno mentalmente la ringrazio per tutto quello che ha fatto. Forse dovrei iniziare a dirglielo anche a voce…