La mia tempesta perfetta

Sono le 21.36 di una fredda domenica a Melbourne; la pioggia cade incessante e il vento soffia così forte che il ticchettio delle gocce contro la finestra sembra rievocare il piagnucolio di qualcuno che sta versando lacrime fino a prosciugare tutta la linfa vitale che ha in corpo, per poi smettere all’improvviso e ritrovarsi in silenzio, da solo, con gli occhi gonfi come due palloni. Una tempesta, un terremoto di sentimenti e d’immagini che, se chiudo gli occhi, mi catapulta in un passato che cerco di non ricordare. E poi gli occhi li riapro ed eccola la realtà, quella cruda, semplice, con la quale faccio i conti tutti i giorni, sentendomi sempre un po’ più piccola, vuota, penitente, colpevole. Vittima e carnefice.

Probabilmente, per la nostra sete di scalare la vetta e raggiungere il “successo”, dimentichiamo che le nostre azioni hanno delle conseguenze, buone o cattive che siano. Ci troviamo davanti ad un bivio a decidere se prendere una strada o, sederci e aspettare che qualcosa cambi da sé. Che fare? Fermarci o continuare a correre? Io non so se ho propeso per l’una o per l’altra delle alternative quando, quattro anni fa, ho fatto le valigie destinazione Australia; ma so che l’ho fatto per seguire il cuore. Il cuore: anatomicamente è un muscolo cavo, centro della circolazione del sangue; figurativamente è la sede dell’affettività e dell’emotività; realisticamente è l’input che ci spinge a ricadere sempre negli stessi errori.

“Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce” sostiene sosteneva Blaise Pascal.

Tu che ne pensi, mio adorato “Addio”? Tu le ragioni del mio cuore le conosci? E le tue? Credi sia stato il destino a dividerci, o le coincidenze?

Ci saranno sempre sorrisi, sguardi, parole dette e non, e poi abbracci, lacrime e i “Ti Amo”, quelli che pronunci e quelli che non lo ammetti, quelli che ti strappano l’anima e ti fanno venire il groppo in gola.

E poi ti vedo, e mi accorgo che non ho chiuso i miei occhi: tu sei presenza reale, seduto davanti a me. Tu, in carne e ossa. Tu, mio prezioso “Addio”.

Ed è in quegli occhi, in quello sguardo, in quei sorrisi, in quelle parole dette e non, che la paura e il senso di colpa si manifestano e mi colpiscono come un fulmine a ciel sereno.

“Rivederci era come rinascere ancora una volta”. Mille scuse non basterebbero, e non basteranno mai.

Non so se e quale sia la cura, ma so per certo che tu sei la mia tempesta perfetta; quell’immagine che cancella tutti gli altri ricordi.