Non Dimenticarmi

Nonostante avesse giurato che quella sarebbe stata l’ultima volta, che ce l’avrebbe messa tutta per imparare a lasciarlo andare un po’ alla volta – il ricordo di suo fratello, la piccola Soshio, se lo portava nel cuore molto più di quanto volesse ammettere con se stessa.

Dopo essere svanito fra le montagne per molti più giorni di quanti se ne possano contare, Aelos era riapparso proprio lì, dove lei se ne stava in attesa ogni notte ormai da molte lune, solitaria – ad un tiro di sasso dalla foresta.

Tenendo gli occhi serrati, Sushio navigava lungo il Fiume del Tempo, risalendo a quei giorni in cui nessuno eguagliava il fratello nel leggere gli arcani presagi inscritti nel volo degli Esseri del Cielo, inseguendoli lungo le brumose, silenti vie fra le montagne, dimora del Dio della Tempesta.

Mano a mano che la sua conoscenza cresceva, però, egli aveva iniziato a rinchiudersi in un silenzio sprezzante, tant’è che con l’andare del tempo, quel suo vivere taciturno e solitario a molti era venuto in antipatia.

Tuttavia, la fatidica notte che si presentò al cospetto degli Anziani, nessuno sprecò fiato in scherno o parodie. I tamburi ancora rombavano, incuranti, e la Tribù stava lì riunita intorno al Grande Fuoco, studiando con sospetto quel suo sguardo altero ardere come tiepida brace aizzata nelle tenebre.

Catturando l’attenzione dei presenti con un gesto deciso e asciutto, egli ripose a terra il grosso, spigoloso sacco che reggeva sulle spalle, rivelando le spoglie di uno degli Uccelli Dorati, orgoglio e vanto del Dio della Tempesta.

Ne seguì uno stupore reverenziale, muto, interrotto solo dal concitato bisbigliare degli Anziani. Per contro, Aelos aveva atteso impassibile che il ruggire dei tamburi s’estinguesse nello stesso spumeggiante rifrangersi della foresta in cui ora Soshio naufragava fra i ricordi.

Scrutando con fierezza gli sguardi intimoriti intorno a lui, egli sciolse il suo mantello sporco e consunto, rivelando un lungo osso della fantomatica preda, finemente lavorato e sagomato. Di nuovo, gli Anziani non fecero parola.

Inspirando allora con forza, e a lungo, ad occhi chiusi – portando l’estremità più stretta e sottile della creazione alle sue labbra schiuse appena, Aelos lasciò che il suo respiro si facesse viva voce nella brezza che scende fra le valli e ulula oltre monti e deserti, sorvolando la Grande Acqua fino ai confini del Mondo.

La Tribù tutta, ne rimase sbigottita.
Deposta con orgoglio la sua creazione, egli lanciò un’occhiata euforica e piena di speranza proprio a Shoshio per prima, e quindi verso tutti quei visi increduli intorno a lui, assetato com’era di rispetto e approvazione.

Poi, però, gli Anziani si fecero cupi, sospettosi, arrivando ad accusarlo di voler attirare la sventura sulla Tribù intera, e subito in molti gli si scagliarono contro fra insulti e minacce, tanto da maledire il suo nome agli Dei. Deluso e umiliato, Aelos tentennò, come disorientato, tanto che dentro di lui – giù nel profondo, qualcosa sembrava sul punto di crollare da un momento all’altro.

Riposte in tutta fretta le ossa nel suo sacco malconcio, la fine creazione ancora stretta fra le mani tremanti, egli allora si avvicinò rapido a Soshio, chiudendola in un abbraccio disperato, supplicandola in un sussurro, non dimenticarmi – dileguandosi poi rapido come un’ombra, senza mai voltarsi, fuggendo più in là di dove la Terra tocca il Cielo.

Soshio allora aprì gli occhi. Osservando le nubi muovere decise nella cielo buio e vacuo che lo sovrastava, realizzandosi lì, non poté fare a meno di sentirsi un’illusa. L’aveva aspettato ormai per molte più notti di quante sia concesso ad un’anima di sperare, attirandosi solo l’esausta compassione di sua madre.

Tirandosi su di scatto, stanca e scoraggiata, Soshio aveva già voltato le spalle alle montagne silenti – incamminandosi a passo deciso verso casa, quando sentì levarsi un vento mite, e sussurrante, cogliendovi un canto familiare, che pareva via via sempre più vicino. Subito, allora, il cuore prese a scaldarglisi come non mai.

Voltasi a guardare, ella scorse l’inconfondibile sagoma di suo fratello farglisi incontro – scivolando attraverso l’erba che frusciava lieve come un lago d’ombra e d’argento ai margini della foresta. Prima ancora che Soshio riuscisse a rendersene conto, si trovarono faccia a faccia, i loro sguardi l’uno dentro l’altro – muti, mentre il tempo rimbombava del palpitare dei loro cuori.

E fu così che proprio quando il silenzio fra loro parve farsi intollerabile, nel momento in cui Aelos si volse di nuovo verso la buia solitudine della foresta, nascondendo gli occhi inondati di nostalgia e rimorso, Soshio lo strinse in un abbraccio con tutta la forza che aveva in corpo. E non fece parola.