Non Esistere

Steven Marlowe era sempre stato un giovanotto felice, forte sia nella costituzione che nell’intelletto, pertanto non poteva fare altro che spremere al massimo ogni ora che scivolava dal Futuro al Passato, senza guardare mai né indietro né avanti a sé. Fu grazie a questa fiducia che costantemente lo animava che decise di sposarsi giovane, prima dei suoi coetanei. Visse quel momento felicemente, come tutti gli altri momenti della sua vita.

Quel giorno incontrò per la prima volta il Vecchio. Lo intravide al ricevimento, chiedendosi come ci si fosse imbucato, ma non si crucciò molto lì per lì, com’era nella sua indole. Dopo quel primo sfuggente contatto però, Steven cadde vittima di un’incredibile serie di coincidenze che lo portarono a incrociare il Vecchio nelle situazioni più disparate, in ogni parte della città e ad ogni ora. Alla lunga Steven iniziò a inquietarsi. Anche il Vecchio sembrava restare paralizzato dall’angoscia quando scorrendo la scala mobile della metro scorgeva Steven tra persone che scendevano nel verso opposto, o quando mangiando qualcosa in una tavola calda lo vedeva camminare svelto sul marciapiede al di fuori della vetrina. Quell’evento che insisteva ad accadere contro ogni legge statistica, tra le milioni di persone che abitavano la capitale, non lasciava trapelare alcuna logica, alcun significato.

La paura che entrambi si provocavano reciprocamente ad un certo momento sembrò attenuarsi e l’atteggiamento dei due si distese; iniziarono perfino a salutarsi con un sorriso quando si incrociavano ai Docks, sulla strada per il lavoro o in aperta campagna durante la gita domenicale. Mai e poi mai, però, i due si scambiarono qualche cosa di più di qualche formalità. Steven non era sicuro di voler sapere veramente la verità su quegli eventi, trascinando testardamente il suo carattere forte e fiducioso. Ma più il tempo passava e più Steven era angosciato da quel Vecchio decrepito e tumefatto, maleodorante come carne rancida. Ormai lo vedeva ovunque, più volte il giorno, da sveglio e di notte, negli incubi che non lo facevano riposare.

Una delle tante volte, riconoscendolo tra la folla che si assiepava sulle banchine della metropolitana, lo raggiunse correndo. Quando l’ebbe di fronte, gli sputò in faccia con tutto il fiato che possedeva un urlo: “Tu non esisti!”. Il Vecchio terrorizzato non trovò nulla di meglio da fare che rispondere a tono: “Sei tu che non esisti!”.

Steven corse via e smise per sempre di andare a lavorare. Sua moglie se ne andò e lui rimase solo. I suoi amici, anche loro, lo abbandonarono uno dopo l’altro. Malgrado evitasse il più possibile di uscire, quando era costretto a farlo per comprare da mangiare o le medicine che ormai gli erano indispensabili, incrociava come sempre quel maledetto Vecchio e ogni volta l’incontro si risolveva in un “Tu non esisti!” ed una fuga precipitosa. Quando venne a prenderlo la Morte, e Steven si rese conto di dover pronunciare le sue ultime parole, i due scelsero di salutarsi come al solito, ma con più pacatezza, sussurrandosi quel “Tu non esisti” con lo stesso tono estremamente lucido e rassegnato con il quale si legge la conclusione di un libro che ci ha fatto piangere. Come non esistevano loro, infatti, non esisteva nessun altro ormai.

di Tobia Munari