Ombra

La morte è la porta per viaggiare nel tempo. E tu sei il viaggiatore, quello dei Mercanti di Liquore, che quando smarrisce la rotta ha il mondo davanti a sé. Che lascia gli amori sospesi e non ritornerà. Un saluto soltanto a compagna Giudecca prima di salpare per nuove terre sconfinate. Dicevi che ci saremmo rivisti a Venezia… ma hai scelto il mestiere di vento, remota possibilità.

Vedo il tuo riflesso impresso nella memoria dell’acqua, cullato con dolcezza, poi bruscamente rovesciato da un moto che ti spinge indietro nei secoli… Onda dopo onda risali la corrente, nel turbinio sommerso, tra banchi di cefali impauriti, e remi impietosi. Ripercorri il tempo a ritroso, bevi sorsate salate che sanno di vino e… finalmente, dopo un milione di capriole, riesci ad afferrare i fili di muschio scivoloso e tagliente di cozze lungo le rive, recuperando la fondamenta.

Questo mondo antico è il tuo, già sei perfetto con quella giacca sbruffona di pelle viola, l’improbabile sciarpa a righe verde acido e porpora e la chitarra in spalla che si tramuta in liuto. Trovi degli stivali di cuoio, una bisaccia, un cappello di pan di zucchero che schiacci sui capelli neri sbarazzini ricaduti sugli occhi scuri, ammiccanti. Appari dalla nebbia leggera intrisa di puzzo di pesce; accarezzi con il palmo i muri di cotto delle calli, inoltrandoti sotto i porteghi legnosi e bui. Ti fermi in un campiello, sputi a terra il tabacco e inveisci contro le grida vuote di un cavadenti impettito (magari è quello del Longhi, se lo tocchi è ancora fresco di pennello). In fondo un po’ ti somiglia, per questo non lo tolleri. Tu, cantastorie venuto dal futuro che incanti il tuo pubblico con racconti meravigliosi.

Sbuchi a piazza San Marco, nell’alba brulicante del mercato. Mariù zampetta al tuo fianco, ruba pezzi di carne da sotto i tavoli dei macellai. Una pescivendola sdentata ti saluta sorridendo: Ehi musico!, asciuga le dita forti e arrossate sul grembiule e afferra la mela che le offri, come ogni mattina. Ti incammini verso il tuo palchetto sgangherato, davanti una delle tante colonne. È già gremito di volti: bambini curiosi e nani in prima fila, mercanti, giovani serve… poco lontano, nascosti, si scorgono anche dei lunghi mantelli neri, preziosi, che avvolgono occhi più discreti. Pendono tutti dalle tue labbra. Ti accomodi sullo sgabellino, Mariù  scodinzola allegra tra la folla in attesa. Pizzichi il liuto… primo accordo, poi con voce roca e profonda intoni il tuo tipico esordio: “Sai…la vita…”