Papille

“È pronto l’ordine del tavolo sei?” La cameriera lo guardò spazientita. Davide sistemò il pollo in salsa verde al centro del piatto, lo porse e la seguì con gli occhi mentre usciva in sala. Si avvicinò all’oblò per osservare la scena: il tavolo sei si trovava dall’altra parte del locale, vicino alla finestra. La cameriera servì sorridendo la ragazza seduta, che ricambiò il sorriso. Davide trovava eccitante guardare una donna mangiare, sola, in un ristorante costoso. Lei teneva la schiena dritta, in una posa ostentata, mentre tagliava il pollo, lo infilzava e se lo portava alla bocca, aperta abbastanza per ingoiare il boccone senza rovinarsi il rossetto. Lo chef preparò un altro paio di ordini, poi tornò a osservarla: era arrivato il momento. Uscì dalla cucina sistemandosi la toque blanche.
“È di suo gradimento, signora?” Colta di sorpresa, la ragazza non ebbe il tempo di prendere il tovagliolo e si passò la lingua sulle labbra, appena sporche di salsa. “Perfetto, direi: un pollo eccellente.” Lei ruotò di novanta gradi sulla sedia, verso di lui, che stava in piedi al suo fianco. Davide la osservò dal basso verso l’alto, fermandosi dapprima sulle cosce sode, scoperte da una gonna a tubino che tendeva ad accorciarsi lasciando appena intravedere le calze autoreggenti, e più su sui seni lisci e bianchi. All’altezza degli occhi gli sguardi si incrociarono, ma nessuno dei due chiuse il contatto. “Signorina, comunque.” “Allora, signorina, la ringrazio, ma vorrei chiederle se le va di darmi un’opinione più approfondita alla fine della serata.” Davide tornò in cucina e fece portare una bottiglia di vino alla ragazza. Si trattava esclusivamente di un gesto di cavalleria, sapeva che lei lo avrebbe aspettato ugualmente, come tutte le altre. Finì il turno intorno a mezzanotte, la ragazza stava ancora seduta al tavolo quando lasciò la cucina impeccabilmente vestito nel suo completo blu. “Signorina…” Davide le porse galantemente la mano.
Le portava tutte nel suo appartamento, un altro bicchiere di vino che però nessuna riusciva a finire, tanta diventava la voglia di assaggiare il suo corpo. Lui le guardava durante tutto l’atto, come riusciva a infilarsi fino in fondo alla gola, come scivolava facilmente dentro e fuori, come poi si leccassero le labbra, assaporandolo. Lui non solo preparava i piatti, ma lo ero a sua volta, e mangiava, leccava, succhiava, mordeva. Era chef e pietanza, senza confini distinti, fino al momento dell’orgasmo.