Pink Sesso

Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
che la luna d’Occidente era smarrita.

In cor mio v’albergava la dolce paura
d’una selva selvaggia e aspra e forte
che a sola legge rispondea, la Natura.

Fu sì che il Sol Levante ormai alle porte
la colpì dall’uscio per cui passai,
e io potei rimirare la lanosa roccaforte.

Io non so ben ridir com’i’ v’intrai,
tant’era pien di pelo in quel punto
che ‘l contatto visivo abbandonai.

Di pensar l’amico mio mi diede ben spunto
egli che canosce la nipponica valle:
“Tale chioma come le vacche al munto!”;

ma io n’infischiai, al timore voltai le spalle,
bramai l’aurea collana come un atleta
che nisciuno può da’ stelle spedir alle stalle.

Tal cespugli, rimembro, già incontrai negli anni Ottanta
in sconce litture de’ breve durata
che le ritraean su carta stampanta.

Dapprima rabbrividii su tal violetta profumata,
ma poscia aver compreso che Natura tutto ripartiva,
m’accinsi a venerar quella piuma donata:

era di mille ricci che la Valle si ricopriva
tali da rassomigliare ai gelsominei capelli suoi
che del cine la fean parere una diva.

“Che le vacche vengano da’ paesi tuoi!”
tuonò greve l’Illustre condottiero mio
“Ma un pelo, ricorda, tira più di un carro di buoi.”

(A cura di Diego Pontarolo)