Riflessioni di ottobre

Sei sopra una cima elevata, mettiamo 3000 metri. Attorno a te una porzione di cielo azzurro. Guardi giù, uno strapiombo di centinaia di metri. Ti manca il respiro e pensi: vuoto attorno a me.
Questa è la prima cosa che mi è venuta in mente pensando al vuoto, ma poi, riflettendoci un po’ su, mi sono accorto che alcune cose non tornavano.
Infatti, a rigor di logica quello non è vuoto, ma semplicemente vertigine, paura che nasce dalla consapevolezza che, non sapendo volare, un dislivello di molti metri non fa molto bene alla salute.
Ma allora cos’è il vuoto?
Ricordando la fisica classica si potrebbe banalizzare dicendo che il vuoto è assenza di materia. Ma dove non c’è materia non c’è vita, perciò il vuoto potrebbe essere in ultima istanza la negazione della vita.
A questo punto ci si potrebbe chiedere cos’è la vita. Mangiare, bere, dormire, ammalarsi, fare l’amore… Ma forse c’è anche qualcos’altro. Siamo esseri pensanti, perciò la vita è anche pensare, rapportarsi con altri esseri pensanti e cercare con questi risposte a degli interrogativi, o semplicemente porsi degli interrogativi da dare alle risposte che si hanno. Vuoto è assenza di vita, la vita di un essere pensante è legata al suo essere pensante: perciò il vuoto nelle persone è l’assenza di pensiero, la noia, il conformismo, la negazione della propria sfera intellettiva e culturale in favore del pensiero unico e uniformato alla volontà di pochi.
Per fortuna, in questa nuova Belle Epoque non rischiamo di essere vuoti! Per carità, non abbiamo più un nostro pensiero, siamo continuamente invasi dalla noia e abbiamo dovuto occupare il poco tempo che avevamo costruendoci realtà virtuali nei social network, e traslare la nostra vita su un mondo effimero che è virtuale e quindi non vivo, dunque vuoto. Ma non ci siamo svuotati. No, abbiamo solo perso la speranza e la fiducia, abbiamo perso il pensiero; l’unica cosa che ci resta sono i ricordi ancestrali di una vita passata in mezzo agli alberi. Ma non siamo vuoti in questa Belle Epoque, siamo solo dei miserabili.
Il miserabile è un uomo che ha perso la speranza, la fiducia nel futuro; un uomo che guarda con malinconia il passato, con rabbia il presente. Non ha scopo nella vita e si sente perduto, non è recuperabile. Il miserabile è un contenitore vuoto: non ci sono idee, non ci sono sogni.
C’è salvezza da tutto questo? Certo, leggetevi Les miserables di Victor Hugo e lì troverete sia le domande, sia le risposte che cercate.

(di Matteo Bertoncello)