Sul trono dorato

Con la mia regina sulle ginocchia lascio che ubriachi e derelitti ci ronzino intorno, sento sghignazzare e gli insulti sottotraccia; l’invidia è neoplasia che ingombra gli animi, toglie ossigeno ad altri sentimenti, si nutre di rancori e desideri repressi. Mi lascio distrarre il meno possibile dalla compassione nei loro confronti, il mio desiderio preme in ogni parte del corpo, non so quanto ancora la potrò tenere su di me, non mi basta continuare ad accarezzare, la distraggo con i baci e incomincio a scostare la blusa per arrivare alle tette. Accarezzo, lascio cadere le mani e la lingua sostituisce i polpastrelli sulle guance, le clavicole, le spalle; mentre disegno mezzelune sull’addome, succhio i capezzoli.
Carne esplode sotto la pelle, sangue riempie vasi e tessuti, urta in pancia, giù fino all’inguine e al cazzo premuto fra le mie e le sue cosce. Tutto palpita, tutto cerca di liberarsi, incoraggio attriti e spinte, con le mani arrivo alle sue gambe intrappolate dai collant, per liberarle metto in atto tattiche eversive, mordicchio le labbra, accarezzo i fianchi, lecco i brandelli di collo che il foulard lascia scoperti e così da un piccolo foro tra le maglie di nylon riesco a far filtrare prima uno, poi due, tre, quattro, tutte le dita, il palmo e risalgo fino alle mutande. La mia regina irrigidisce la schiena, smette di accarezzarmi la testa, afferra il polso e lo allontana dalla terra di nessuno fra l’inguine e la seta.
Non mi arrendo e provo ad aprire il fronte posteriore, insisto con le dita nella fessura fra le due rotondità che a inizio serata mi avevano convinto a offrirle da bere. E con la punta del dito cerco di andare oltre, ma lei mi impedisce ogni mossa schiacciandomi con il culo. Sfugge, lei è più forte, si gira e mi incastra; agguanta le palle e mi fissa negli occhi. “Non farlo” sussurra strizzando un po’ di più i coglioni che non fanno male, è il cazzo che soffre, tende il prepuzio che sembra sia sul punto di lacerarsi. Disperato mordo e mi divincolo, libero la mano, arrivo dove volevo e agguanto la carne che pregiudizio impedisce di trovare in una donna, quella manciata di centimetri che l’avvicinano alla perfezione divina; la stringo fino a quando le sue lacrime mi inumidiscono la camicia e il piacere mi cola fra le mani nel silenzio degli invidiosi.

(di Natan Mondin)