TERZA MEDIA AETAS

Portavo sfiga e lo smalto nero. Giravo con strane idee e un cappuccio in testa. Frequentavo la terza media e cattive compagnie. Marinavo la messa ogni domenica e la scuola qualche volta. Ché tanto, prediche me ne sorbivo a sufficienza senza bisogno di andare in chiesa e le uniche note che volevo prendere erano quelle di Bring me to life degli Evanescence.

Un giorno presi anche i pidocchi e li attaccai alle mie compagne, o magari erano state proprio loro a passarli a me. Fatto sta che venni bollata come l’untrice di turno. Già ero abbastanza emarginata: prima, poi reginetta e cortigiane al seguito ebbero un pretesto ulteriore per evitarmi durante la ricreazione. Talmente reietta che i bulli non mi rubavano la merenda per paura di venire contagiati. Rappresentavo l’infimo gradino della gerarchia sociale della mia classe, venivo perfino dopo il buffone che si prendeva gioco dell’insegnante di scienze e lo storpio con il busto ortopedico per la scoliosi.

A furia di continui trattamenti, avevo il cuoio capelluto distrutto; ma niente sembrava funzionare. Una dirimpettaia di nonna sosteneva che i rimedi non attecchissero a causa mia, definendomi alternativamente satanista e comunista; (penso li ritenesse due sinonimi, un puro fenomeno di costume, totalmente svuotati dal proprio significato). Su accorato consiglio della vecchia, fui trascinata da un sedicente santone, ancora più squinternato di me, che costava dieci euro a seduta e; con un’imposizione delle mani dichiarò di avermi finalmente liberata dal malocchio. A quel punto, mi sorse il dubbio che avesse frainteso la vera natura del mio problema, complice l’assonanza con “pidocchio”; glissai sull’equivoco. Come profetizzato, i parassiti si manifestarono con un’ultima clamorosa infestazione, dopodiché sparirono definitivamente. Ciò nonostante, il mio scetticismo è rimasto intatto; ma almeno i pidocchi se ne sono andati.