Uccelletto Maledetto

Nel mondo c’è crisi, il lavoro non si trova, ma non nel nostro ufficio, dove florido comanda il dio denaro. Unico problema: il capo. Sarebbe un posto di lavoro invidiato da tutti se colui che guida la ricca baracca non fosse un feroce stronzo. Non ha nessuna pietà e ci gode a mettere in difficoltà i dipendenti. Subiamo soprusi di ogni sorta, dettati dalla sua vile supremazia che sfocia nel surreale fino al disumano. Oggi per esempio, dopo una banale svista nei conti, mi ha chiesto di girare per l’ufficio con due matite nel naso, deriso alle spalle da tutti i colleghi. Poi mi ha convocato in privato, al suo bagno per l’esattezza, dove mi ha comandato di inserirmi nel deretano di punta una delle due matite, pena il licenziamento, e così ho obbedito per un paio di abbondanti centimetri, sotto il suo sguardo perverso e altamente concentrato. Uscito dal cesso, sono rimasto solo, ginocchia a terra e gomiti su un lavandino. Mi guardavo allo specchio mentre pregavo nel profondo di essere tramutato in uccello per rendermi libero da ogni comandamento assurdo. Non so quale particella dell’Universo raggiunsi, fatto sta che diventai un uccello, ma non un volatile, tutt’altro, divenni il pisello del capo, proprio mentre aveva l’ora di pausa al suo bagno con l’impiegata del mese, assunta per dubbi meriti lavorativi ma sicuri attributi fisici. Pensai subito a vendicarmi e non alla piega bizzarra del destino. Potevo controllare tutto, compresa l’erezione, che nonostante un palpeggiamento da record non avvenne che dopo un interminabile quarto d’ora proprio quando Miss Burocrazia stava per mollare il colpo. Il capo credeva di gridare vittoria, ma così non fu, perché schivai la tana della gnocca per almeno cento tentativi. Più cercava di centrare l’obiettivo e più comandavo la punta del pene verso le cosce. Lo vedevo preoccuparsi come mai mi era capitato prima. Più si disperava e più mi sentivo bene. Anzi, non ero mai stato così bene in vita mia. E la svolta sadica avvenne quando centrò il bersaglio. Mi chiusi in me stesso evitando al massimo le sensazioni di piacere. Ne mandai zero a quel cervello infame che non capiva come un uccello ritto non gli desse soddisfazioni con la conseguenza che l’angoscia pervase entrambi gli emisferi fino a toccare il disgraziato cervelletto. Il capo sudava rancido e crollava sotto i colpi di un cazzo che non ne voleva sapere di pulsare godimento. Spingeva e spingeva e spingeva contro la povera Miss Burocrazia che ai tanti colpi di bacino rispondeva con un crescente intorpidimento della zona pelvica che soccombeva lentamente al mancato coito del comandante in capo. Lei sì che era venuta un paio di volte, ma dopo le tante botte sempre più aspre, il piacere era un maldestro ricordo. Niente, non mollavo, comunque. Percepivo i suoi coglioni gonfiarsi all’eccesso in cerca di una tana libera tutti che li avrebbe svuotati, ma niente, ancora non mollavo. Il capo era in volto rosso come un allarme antincendio. Le vene del collo erano spesse come evidenziatori da scrivania. Gli occhi emanavano una tensione da sedia elettrica. Voleva farla finita, era chiaro. Recuperò una matita dal taschino, quella che sapeva del mio deretano, e disperato la puntò verso i coglioni, rivolta dalla punta perfettamente temperata. Miss Burocrazia cacciò un urlo gutturale da film dell’orrore che divenne splatter quando il capo bucò le sacche dei testicoli. La poveretta lasciò il bagno nel terrore più atroce. Colate di sperma si mischiarono al sangue che invece eruttava a schizzi. Cambiò la visuale poi, vidi il capo come allo specchio. Fu allora che mi resi conto che nella foga oltre ai testicoli aveva colpito anche il qui umile uccello. Cadde sulle ginocchia e poi sul fianco il vile bastardo. Ci guardammo mentre anch’io soccombevo al pavimento. Ero tornato un uomo, anche se per poco tempo. Ma rispetto all’infinito, quanto vale tutto il nostro tempo? I suoi occhi si aprivano mentre i miei si chiudevano in una macabra altalena ritmata dal rigor mortis. Prima di congiungermi a quella particella dell’Universo che mi aveva regalato tanta desiderata soddisfazione, riuscii a compiere un gesto, proprio poco prima che il capo tirasse le cuoia. Mostrai con fervore il dito medio della mano destra.