Un facile dualismo

Scusami, mia me, perché non ti so ascoltare.
Scusami per tutte le volte che ti fraintendo. Che nel cercare di decifrare i tuoi moti d’animo, il ritmo del respiro che accelera o diminuisce, agisco una risposta che forse non ti appartiene. Scusami se quando mi fanno una domanda, io rispondo prima di te. È che, sai, il mondo ha bisogno di risposte tempestive. E la velocità, come la risposta, è proprio uno dei tuoi due più grandi crucci.
Scusami perché, insensibile, ti chiedo di adattarti al frastuono del mondo. Di passare un mercoledì sera con uno spritz in mano e poco da dire in un locale affollato di musica e persone anonime; quando tutto ciò che vorresti è trovarti intrigata fra le lenzuola a scrivere, trasporre sulla pagina in un provvisorio ordine la nebbia dilagante del pensare.
Scusami quando ti chiedo di stare chiusa una giornata intera nel silenzio mortifero di una biblioteca stagnante, e magari fuori c’è il sole, ma io non ti permetto di godere del dolce calore dei raggi sulla tua pelle. Scusami quando blocco i tuoi pensieri: sono troppi a volte, sai, non mi farebbero concentrare. Mi porterebbero su un altro mondo. E le parole del libro, in quel momento, sono più importanti: fra qualche giorno ho l’esame. Scusami se ti svuoto, ti annullo, per riempirti d’altro. Ti invado a mano armata con slavine di contenuti che mettono il bavaglio alle tue emozioni e le rapiscono. Lasciando tracce rosse d’un furto confuso dietro di sé.
Scusa, scusa, io te lo chiedo, adesso, ne ho il coraggio. Ho fatto un passo verso di te. Ma anche tu, cara, sei proprio sicura di far di tutto per non essere fraintesa? Di dirmi chiaro e tondo quando è che vuoi restare da sola, quando respirare all’aria aperta? Le tue emozioni, spiegami, com’è che me le faresti sentire?
Ma scusa, sai, ci sto ricadendo. Persisto ad affogare nel facile equivoco di renderti qualcosa d’indipendente dall’interpretazione che di te io, in ogni momento, do.