Un’estate punk

– Cosa fai quest’estate ?
– Vado in Portogallo, andiamo in tanti, siamo in nove, tre macchine.
– Vengo anch’io, ho la macchina, stiamo più larghi.
– La macchina la mette S.
– Chi? Il punkettone? L’ R4?
– Si.
– Ha tolto il topolino morto? L’ha ripulita dalla mondezza?
– No.
– Andiamo con la mia.

Così partimmo. Era il 1994, un’estate torrida. Al tempo solo le macchine di lusso avevano l’aria condizionata. La mia non era di lusso, era una Tipo Granturismo a tre porte rossa. Le avevo fatto l’assetto, i mollettoni li avevo fatti verniciare di giallo, sul retro campeggiava il logo dei Sugar Ray.
Onestamente pensavo ad un viaggio di tipo turistico, che so… qualche monumento, bellezze naturalistiche, paesaggi, qualche falò, un po’ di sballo che ci sta sempre bene.
Sapevo con chi mi accompagnavo? In parte sì. Più o meno li conoscevo tutti. La compagnia era composta da un guru riccioluto e sovrappeso, un tossico nervoso, asciutto e allucinato, un tipo che avrebbe voluto essere un tossico ma che in verità era un meccanico, il fratello del meccanico, una merda con il pizzetto e gli occhi stupidi, un punkettone tatuato e con i piercing, bastardo come pochi, una ragazza molto simpatica e carina, un’altra ragazza carina ma molto bassa che beveva un sacco, un’altra ragazza che non so, non penso di averle mai parlato, mio fratello votato all’autodistruzione ed io.
Era un viaggio, ecco cos’era. L’idea, che ho scoperto durante il tragitto, era quella di mettersi in strada, arrivare in Portogallo, vedere l’oceano e tornare indietro; e nel mezzo cercare tutti i sistemi di sfondarsi. Restai incazzato per tutti i giorni in andata e ritorno.
Era caldo, molto caldo. Bevevamo solo vino, birra e superalcolici, fumavamo tanto. In macchina ascoltavamo Pennywise, Bad Religion, NOFX, Bangles, Nirvana, Soundgarden. Volevano ascoltare del grindcore, ma quella merda lì io proprio non l’ho mai sopportata.
In Francia entrammo in un autogrill, nel bagno vidi un tizio che tirava coca sulla tazza del water, lo rividi dopo che saliva in macchina assieme alla moglie e due bambine piccole.
Uscimmo dall’autogrill tutti con qualcosa che non avevamo pagato. Il punkettone con dei rasoi usa e getta. A Barcellona dimenticai dove avevo parcheggiato la macchina, passai tutta la notte a cercarla in piena paranoia. Eravamo io, mio fratello e il punkettone, arrivati all’auto ci svenimmo dentro. Più tardi sentii bussare al finestrino, erano dei poliziotti. Mi chiesero di raccoglierlo dal marciapiede.
Cosa?, feci io.
Mi indicarono mio fratello che era per metà dentro l’auto, per metà sul marciapiede. Aveva sboccato alla grande ed era svenuto nella pozza di vomito. La gente era così tanta che si metteva in fila per passare su quel che restava del marciapiede.
Senza volerlo capitammo a Benicassim durante il festival, ma non vedemmo niente. Restammo nel parcheggio a goderci la musica. Alla mattina trovammo il tossico svenuto in mezzo alla corsia di uscita del parcheggio, sotto un impietoso sole, in mezzo alla terra rossa, con le auto che facevano slalom per evitarlo.
Facemmo delle belle foto, papagallini morti, mani e piedi, il cielo, a volte le riguardo e mi chiedo perché il mondo continui a girare.
A Valencia dovemmo passare un sacco di tempo davanti a una banca per farci mandare dei soldi da casa, dato che la notte prima eravamo svenuti su una spiaggia e ci avevano derubati.
Ricordo un parco di una città un po’ in collina, la ragazza molto bassa si era portata dietro un bottiglione da due litri di vino, se lo seccò quasi tutto e poi svenne e non riuscimmo più a svegliarla. C’erano delle agave enormi e anche dei cactus. Gli altri dopo un po’ andarono in giro alla ricerca di qualcosa da fumare. Restai io a guardare la tizia, non me la sentivo di lasciarla lì. Verso sera si riprese e andammo a cercare gli altri. Il punkettone aveva fatto un affare, che poi tanto affare non era perché il panetto bruciava come una candela.

Un giorno mandammo il punkettone con la ragazza bassa a fare la spesa, tornarono con un carello pieno di patatine e gin. In che casino mi ero cacciato?
Il tossico si era messo in testa che voleva cercare una micropunta di lsd e con la ottusa determinazione che hanno solo i tossici la trovò. Restò male tre giorni, non era certo lsd, ma un potente lassativo.
Ben gli sta.

Dormivamo in spiaggia. Non ci lavavamo.
Un giorno entrammo in un chiosco, eravamo affamati, ordinammo paella, poi facemmo festa con il padrone del locale e lo ubriacammo, non pagammo niente.
Riuscii a portarli a vedere l’Alhambra a Granada. Fu il momento più piacevole di quei giorni.
Non ho molti altri ricordi.
In Portogallo ci arrivammo. Passammo dei giorni in un camping e bruciammo le riserve del pusher del campeggio. Ero a corto di soldi e di tempo, da lì a qualche giorno dovevo essere a lavoro. Caricai in macchina il fratello e il punkettone e mi fiondai in Italia.
Beh, vi dico una cosa, essere stupidi e fare cose stupide in un certo momento della propria vita direi che è quasi doveroso, ma…

Un’altra cosa. Il guru fa ancora il guru, è uno psicologo dell’USSL.
Non fidatevi, è un fottuto manipolatore.
Per quelli che se lo chiedono: il punkettone abitò in macchina per qualche tempo assieme ad una morosa e due topolini ballerini, quelli che continuano a girare in tondo; poi uno fini sotto l’acceleratore, l’altro annegò dentro un bottiglione di vino. Se ne accorsero a colazione quando, bevendo, lo videro galleggiare. Ed è tutto vero, cazzo.