Il Valore delle Cose

Evidentemente avere la mia vagina non gli bastava. O forse pensava che per averla bisognasse fingere un minimo di interesse anche per il contorno, per ciò che sono o per ciò che mi appartiene.
Ripeto a bassa voce le sue stupide parole. Incredula.
Me lo presti?
Rabbrividisco schifata al pensiero che si sia illuso di poter entrare una seconda volta in casa mia o di poterlo lasciare sulla cassetta delle lettere come fosse una bolletta.
Rientro in cucina per celare l’irritazione, nella speranza che in un lampo di lucidità lo riponga al suo posto; quando ritorno è sempre lì: le scarpe appoggiate al muro, la faccia, più inebetita che assorta, mentre legge il libro ancora nelle sue mani.
Mi avvicino fino a posare il mio seno al suo corpo flaccido. Sento il piacere salirgli in fretta, mentre lentamente gli slaccio i pantaloni e gli accarezzo il viso con le mie unghie; il rumore del libro lasciato cadere con noncuranza provoca in me un misto di odio e piacere.
Odio perché mi accorgo subito che nel cadere una pagina si piega irrimediabilmente.
Piacere per l’odio.
Riesco a distinguere nei suoi occhi l’esatto momento in cui realizza che a cingere il suo pene non sono le mie dita, ma un paio di lame. Il calore del sangue, la mia mano sulla sua gola, gli occhi vitrei fissi su di me ripagano ampiamente una serata non andata come avevo pianificato.
Pulisco alcune macchie di sangue cadute sul tappeto e nel mentre cerco di capire se la scarsa abitudine ad un simile baratto lo avesse indotto ad un tale azzardo, o se invece ritenesse che lo scambio mia-vagina suo-pene non fosse sufficientemente equo e richiedesse da parte mia un ulteriore dono.
Ripenso a quando la mia vagina per gli altri aveva un costo ben definito, con tanto di tariffa oraria, che per quanto alta era sempre bassa. Toglierne il prezzo le aveva dato il giusto valore.
Lo stesso vale per i libri, i quali una volta che li ho acquistati perdono il loro prezzo e trovano un posto, distinguendosi dagli altri rimasti negli scaffali, arrivando ad avere per me un valore che altri non sanno dare, facendosi leggere, accarezzare, odorare solo ed esclusivamente da me.
Vedo la faccia esanime dell’essere chiedermi perché la mia vagina sì e il libro no. Rido per la banalità della domanda, ma decido di rispondere comunque al morto.
Perché ho la certezza che, a differenza del libro, la mia vagina non potrà stare nelle mani di qualcuno per più di una notte.
Nel dirlo, smetto di ridere.