Il gesto isolato di un pazzo

Una catasta di accadimenti mi si è rovesciata addosso. Una marea di soprusi mi hanno sotterrato qui. Ora non posso che divampare. Non resto qui a prendermi gli schiaffi in faccia. Meglio andarsene così. Sarà questo l’ultimo tè della mia vita? La beffa suprema: il fatto che l’ultimo debba essere senza zucchero. Sono mesi che non abbiamo zucchero. Sarà questa l’ultima volta che mia sorella mi bacia prima di uscire per andare in università? Sarà questa l’ultima volta che mi sveglio alle sei perché mio nipote inizia a strillare dalla fame? Che senso ha questo rimuginare adesso? Smettila, Mohamed, stai zitto. Non entrare in camera di tua madre, non salutarla. Lei capirà. Capirà tutto. Che rimanga il gesto isolato di un pazzo, non importa. Non importa più. Non lo so adesso chi darà da mangiare ai miei. Non lo so. Non è importante. Qui di fame moriamo tutti. Parlare non so parlare, studiare non è servito, se scendiamo in strada ci fucilano. Solo questo mi resta. Capiranno. Spero che capiranno. Prendo la tanica da sotto al lavandino e la infilo tra la maglietta e i pantaloni. Non mi giro a guardare prima di uscire.

La luce del sole è lama nella carne. I soliti rumori di gente che spinge, che vende, che litiga. Non ho paura. Aspetto che il sole si nasconda dietro al municipio. Sto in piedi nel mezzo della piazza, gli occhi chiusi.

Grazie a mia madre che finge da anni che vada tutto bene, grazie a mio padre morto sotto al peso dei mattoni in Libia ormai troppi anni fa, grazie a mio nipote che tutte le notti strilla come un pazzo per la fame. Grazie a te sole: grazie per i raccolti, per le maree, per le sigarette sulle soglie, per le verdure mature. Le verdure, sì, le verdure… grazie sole.

Tiro fuori la tanica da sotto la maglietta. Mi cospargo con la benzina. Calmo come mai prima. Non ho paura. Il pollice scivola. La scintilla scocca e innesca la combustione. L’inizio è il momento più doloroso – come se centinaia di uncini mi stessero strappando la pelle da ogni angolo del corpo – poi ogni cosa perde i contorni e non sento più niente. Solo una grande calma.

Che sia l’ultima volta che devo dire come la penso. Che resti il gesto isolato di un pazzo. Ora che mi avete schiaffeggiato, lasciatemi morire. Ora che avete umiliato tutto ciò che sono, lasciatemi bruciare. Che questo fuoco possa significare niente. Che questo fuoco possa lasciarmi cenere tra la merda del mondo. Ho detto che l’avrei fatto per protestare, per rivendicare i nostri diritti, ma tutto questo non conta più. L’unica cosa che conta adesso è che mia madre possa capire.

Mohamed Bouazizi (1984 – 2011) divenne simbolo della cosiddetta Primavera Araba, enorme movimento di sommosse popolari interessanti diversi paesi arabi, che portarono a ribaltamenti politici inauditi e i cui esiti non si sono ancora estinti, come la degenerazione della guerra civile siriana ben mostra. Mohamed innescò i movimenti di rivolta, dandosi fuoco per protesta contro i soprusi del regime tunisino.