Ancora

Guardati. Sono le sei del mattino e ho appena buttato via il secondo pacchetto di sigarette, vuoto. Come il bicchiere che mi trascino dietro da un po’. Ormai i bar sono chiusi, e dovrà passare almeno un’altra ora prima che riaprano per la colazione. Tirando le somme, sono sopravvissuto all’ennesima notte.

Mi fermo al distributore di sigarette, la voce automatica risponde meccanica alle mie monete. Fino a sputare fuori la morte di cui ho scelto di morire. Pusillanime questa ironia. Devo pur pagare per togliermi di mezzo senza dare fastidio. Scarto il regalo e mi si apre un sorriso a dieci sigarette, due file di denti, come degli squali e dannazione, questi non uccidono solo surfisti biondi dai corpi scolpiti in cerca di farsi qualche ragazzina dopo il falò sulla spiaggia. Queste sono al secondo posto, dopo il tempo.

Decido che è il momento di una scopata. Provo inutilmente tutti i numeri in rubrica con cui un tempo funzionava, loro però, sono cresciute. Si sono sistemate, io ero quel capitolo, la brutta storia, di cui si ha bisogno. In fondo senza una brutta storia, una donna pare non poter essere una donna. Inciampo sui tasti ancora una volta. Non mi risponde nessuno, non ci avevo sperato comunque. Penso solo di aver bisogno di più whiskey o di una puttana. Il primo però, dura di più e costa meno.

Dove cazzo lo trovo da bere a quest’ora? Sono le 6.05. Alzo lo sguardo e la notte sbiadisce piano piano nella luce. Comincia da lontano, dietro la linea di palazzi, laggiù. In fondo alla strada. E si espande. Un’altra mattina. Ancora. Ancora una volta pesto il terreno con un mozzicone di sigaretta, per spegnerlo, o per lasciare un segno della mia esistenza. Non lo so, pare che sia esistito facendo solo del male. Dissi una volta che solo il male esiste davvero.

Non che ci credessi, era una scusa. Una cazzo di scusa come un’altra per andarmene un’altra volta, non erano loro da cui scappavo. Banale. Era me stesso, ma in fondo, mi piaceva quel personaggio. Il problema è che siamo ciò che facciamo finta di essere e dopo un po’ se ci credono tutti, lo fai anche tu.

Sono le 6.08 del mattino. E sento una serranda che sale. Il metallo mi salva e strappa via dal subconscio. Esco da me e mi alzo.

“Dammi un whiskey.”

“3.50”

Beffarda ironia, bisogna pagare anche per restar vivi.