Ciao, sono Thomas

Schiaffi sulle mani. La vergogna di essere stato punito per l’ennesima volta in pubblico e senza apparenti spiegazioni. Non per Thomas, almeno.
Che gusto ci troveranno gli adulti a guardare ma non toccare. L’angolo della gonna della mamma, il peluche sullo scaffale più in alto, il più morbido di tutti, le caramelle alla cassa. Insomma era tutto lì. Tutto preannunciava una crescita fatta di divieti in cui la buona educazione si dimostra nel tenere le mani in tasca, abbassare la voce e camminare veloce senza sembrare troppo di fretta.
Soffocato da una serie di precetti che parevano escludere dalle possibilità qualsiasi forma di divertimento, Thomas vide scivolar via ben undici anni di vita. Costruì un rispetto quasi cieco per il padre e una devozione ingiustificata per la madre.
Ma i punti interrogativi se ne stavano solo a riposo; tardarono un poco a farsi largo ma alla fine si presentarono all’appello. E che gioia per l’umanità! Guai a chi non riconoscesse la gravità e la pericolosità delle domande!
Ad ogni divieto, ogni correzione, il sopracciglio destro di Thomas si rizzava, scivolava dall’impassibilità del volto di chi, come lui, aveva imparato l’educata religione della compostezza. Affiorarono sul viso i primi disappunti e anche il più sprovveduto degli sprovveduti avrebbe inteso che non erano altro che l’interfaccia di una tempesta di sgomenti che partivano dal cervello, organo molto più arrugginito della devozione.
Non vi era intenzionalità, tanto meno desiderio di ribellione. Ad agire sottopelle era una forza diversa: la voglia di identità.
La mattina del dodicesimo anniversario di vita, tutti i rituali quotidiani sembravano quasi sentirsela addosso, l’inutilità della loro esistenza. Era fastidioso alzarsi ed era quasi un favore rivolgere parole cortesi a qualunque abitante della casa.
Thomas affrontò tutta la giornata con l’animo sbrigativo di chi sa di aver iniziato le ventiquattro ore con il piede sbagliato.
Partì la solfa del conto alla rovescia, il tempo rallentò solennemente ma… scompiglio degli scompigli: una risata! Una risata che non ha nulla a che fare con la gioia, piuttosto con la maleducazione. Una risata che è la dimostrazione che a tavola, se mi gira, parlo con la bocca piena e se proprio ne ho voglia, chiacchiero sopra al tuo dannatissimo telegiornale. Risate che sono offensive quasi quanto uno schiaffo e interminabili quanto una provocazione.
Risate che dicono: ciao, sono Thomas, e questo è il mio primo giorno da adolescente.

(di Diletta Sperman)