Falò

Si rigirò tra le mani la cornice di legno. Al suo interno gli restituivano lo sguardo due ragazze dal volto sorridente, sullo sfondo l’assai inquietante casa delle bambole di Disneyland Paris. Ancora sentiva le voci gracchianti e infantili dei fantocci che cantavano all’unisono e si muovevano a scatti con cigolii da scenario post-apocalittico. Dopo aver esplorato lo sfondo diede ancora una rapida occhiata, apparentemente disinteressata, alla ragazza che aveva al fianco. Ennia aveva una piccola voglia vicino al sopracciglio sinistro, solo che a differenza delle voglie che si leggevano nei romanzi non aveva una forma specifica. Era qualcosa di irregolare, amorfo.

Gettò la cornice sulla brace accesa. Le fiamme scoppiettarono affamate, languendone i bordi e devastando i loro volti felici. Chi era che aveva detto che bruciare le cose della persona amata sarebbe stato terapeutico, un passaggio fondamentale per superare la rottura? Qualche psichiatra con uno o due neuroni in meno, poco ma sicuro. O forse era un cliché da serie tv che aveva sentito fin troppe volte e le era rimasto in testa a tormentarla, quasi fosse il ritornello di una canzone estiva.

Si girò e guardò la pila di oggetti buttati nella scatolone ai suoi piedi. La prima edizione de La storia infinita che le aveva regalato per il compleanno, le fototessere scattate in una giornata di sole al luna park, il fermaglio di legno che le aveva dato per l’anniversario. Tutto finì nel rogo, sollevando un gran fumo nero e scottandole la faccia. Oggetti che serbavano ricordi dei più intimi, dolci e amari al tempo stesso.

E gli oggetti si accartocciavano, rimpicciolivano, si polverizzavano. Ma i ricordi, quelli no, quelli rimanevano e le pungolavano il petto, sempre più forte.