Il mio primo overload

Il controllo totale della situazione era misto, mischiato a quelle circostanze di forze d’istinto, che mi turbavano le interiora del cranio. E non solo.
Era una ragazza bellissima.
Ma il controllo annaspava nella mia mente, portando la ragione a fare la parte di un naufrago mal voluto dalle acque del mare.
Blablabla. Quanto parlava.
Capelli neri cadevano, da quel cranio, stanchi (come me) di sentirla parlare, si lanciavano dalla sua testa, restando appesi come impiccati, a fini fili scuri.
Le parole che s’azzuffavano nella mia mente erano tantissime, ma la maggior parte erano verbi, imperativi, che il cuore ordinava alla mente. Ero tutto scoordinato, uno start-up di idee nascevano dalla mia mente. Bagliori d’immagine, flash, caos…
Un overload celebrale.
Probabilmente mi fece una domanda alla quale non risposi a tema, perduto nella overdose di emozioni in cui mi trovavo.
Dolcemente amara situazione, che ingabbiava la mia anima urlante dentro a un corpo muto come una sepoltura.
Ero un paradosso. La paura tremenda di fare una brutta figura, mi faceva tendere ogni nervo e muscolo, in contrazioni spasmodiche, tese. Le mie mani viaggiavano nervosamente tra le tasche, tra i capelli e tra loro stesse. I miei occhi non sapevano dove guardare, con i pensieri che urlavano loro addosso.
Lei era più rilassata. Come cazzo faceva?
Il mio marasma interno esplose in una frase. Una sola. Una nota stonata in quell’armonia.
Frenetica frana di mille frammenti infranti fra frotte di fronzoli frizzanti.
“Scusa, ma devo baciarti.”
Fu la prima volta che una ragazza mi diede un si, poi un sorriso, poi un bacio.
Era tesa anche lei.
Fu la prima volta che la mia mente non resse all’emozione.

(di Paolo Battaglia)