Inerte

Lucio è un ragazzo solare, studioso, ordinato. Vive a Firenze con i suoi amici, si è trasferito quest’anno per studiare; ogni giorno esce, si diverte. Quando torna a casa diventa una perfetta donna di casa. Si mette a pulire ovunque, non riesce a stare fermo. Fermarsi lo fa pensare, pensare lo fa riflettere, riflettere gli fa male. Ogni giorno non sa dove sta andando, si alza, si veste, esce; tutto si muove attorno a lui, tutto è dinamico, ogni giorno vede milioni di facce che probabilmente non vedrà mai più, e via con la solita routine. Ogni giorno fa mille cose, ma per lui è come se non facesse niente, si sente vuoto, si sente perso tra la folla, tutti sembrano passargli di fianco sapendo cosa vogliono, sapendo dove vogliono andare, sapendo cosa sono. E lui è lì, che li guarda e non riesce a capire cosa vuole da sé stesso, dal futuro. Il futuro? Lucio ha diciannove anni, non ha mai pensato a cosa potesse essere il futuro, l’ha sempre visto come un traguardo irraggiungibile, inarrivabile. Oggi è là, ha il suo futuro in mano senza rendersene conto, e non sa come maneggiarlo. Oggi è là, e spreca tutte le occasioni che gli passano davanti, circondato dalla felicità effimera che si è costruito in questi mesi, senza rendersi conto, o meglio, nascondendo il suo dolore, troppo grande da affrontare da solo. Uno dei dolori più grandi di un uomo è quello di non sentirsi realizzato, sentire che quello che sta facendo non gli appartiene, sentire che sta studiando qualcosa perché obbligato, non sa trovare altro che gli piaccia; sta costruendo la sua vita, ma non riesce a dare una svolta al suo presente, è inerte. Attonito di fronte allo scorrere del tempo.
Oggi è a casa. Lava i piatti. Oggi è a casa a pulire la camera, trova una vecchia lettera, ascolta una canzone e piange.

(di Federica Lunardi)