La classe W

Tutti ammassati come pecore in un recinto, i ragazzi del primo anno sono stipati nell’aula magna in attesa di sentir pronunciare il loro nome. In fondo alla sala, un signore alto e flessibile, come uno stuzzichino, parla ad un microfono: ”Benvenuti a tutti voi. Oggi è il vostro primo giorno di scuola. La nostra scuola è l’eccellenza e voi sarete l’eccellenza. Ora vi sistemeremo nelle varie classi. Quindi, una volta sentito il vostro cognome e la vostra classe, seguirete il vostro professore di riferimento. Quasi dimenticavo. Come ogni anno, non tutti saranno assegnati ad una classe. Uno di voi non avrà questa fortuna e dunque per i prossimi cinque anni dovrà seguire le lezioni in solitudine nella classe W”.
Michele ascolta con attenzione. Nel momento in cui dice “classe W” il suo battito cardiaco comincia ad accelerare e un dolore nel petto inizia a diffondersi dallo sterno per tutto il corpo. La fronte è imperlata di sudore. Le mani stringono le stringhe dello zaino. I suoi pensieri cominciano a farsi confusi e nella sua testa iniziano a rimbombare le parole della mamma: “mi raccomando Michele, lo sai quanti sacrifici abbiamo fatto per farti andare alla Grande Scuola per l’Eccellenza di Domani. Prendi le tue pillole e non farti assalire dal panico. E se finisci nella classe W, mi raccomando, busto dritto e un bel sorriso.”
I nomi continuano a sciorinare dalla bocca del preside. I pensieri nella testa di Michele cominciano a susseguirsi come un vortice incontrollabile – stanno per chiamarmi. Ora tocca a me. E se invece sono io quello della W? – Di fronte a lui una miriade di persone complottano tra loro. Accanto a lui è rimasta solo una ragazzina tarchiata con un vistoso fiocco giallo che raccoglie una massa di ispidi capelli rossi.
“Bene” si sente echeggiare tra i muri dell’aula magna. “Uno di voi, miei cari ragazzi andrà nella classe W. Il prossimo nome che chiamerò sarà quello della W”. Michele stringe con ancora più forza le stringhe dello zaino. Il sudore scivola copioso, il battito del cuore è irrefrenabile. – Non io non io non io non io – ripete a occhi chiusi.
“Marta Conti”.
Un tuffo al cuore fa riaprire gli occhi a Michele. Mentre si avvia verso il lato opposto della stanza guarda di sottecchi la ragazzina tarchiata, che viene scortata fuori dall’aula magna con le lacrime le rigano il volto. Il fiocco giallo che le teneva stretti i capelli giace a terra. Michele lo raccoglie prima e nella sua testa un pensiero combatte per uscire – glielo renderò. Devo farlo. Naturalmente non prima che siano passati cinque anni –.

(di Matteo Partescano)