L’autobiografia di un Avaro

Il giorno del suo settantesimo compleanno l’Avaro si chiese perché aveva vissuto così a lungo. Senza indugio rispose a se stesso: per riempire d’oro le mie casseforti; per moltiplicare i conti correnti; per diventare il locatario di regge principesche, ville, case a schiera e catapecchie che mi garantiscono un flusso mensile di denaro sonante; per ammucchiare diamanti, smeraldi e topazi nelle cassette di sicurezza delle banche; per accatastare tele dipinte da pittori scelti in base alle quotazioni di mercato.

L’Avaro era felice quando pensava a tutto questo e voleva che della sua felicità tutto il Mondo fosse partecipe.

Così scrisse un’autobiografia.

Fece appena in tempo a concludere la cronaca della sua vita che morì felice, come aveva sempre vissuto.

Lontani parenti che non aveva mai conosciuto furono convocati dal notaio. Né loro né nessun altro seppe mai quanta gioia aveva dato la vita all’Avaro, ma quello strano manoscritto con l’annotazione cronologica dell’acquisizione di tutti i suoi possedimenti trovato sulla sua scrivania fu utilissimo per determinare con precisione l’asse ereditario.