Le fake news dei Simpson

Non sapevo se sarei riuscito a dare un punto di vista originale all’argomento delle fake news finché all’ora di pranzo non mi sono imbattuto in un vecchio episodio dei Simpson.

Per farla breve Homer, dopo aver acquistato un computer ultimo modello, decide di scrivere articoli d’inchiesta sui suoi concittadini. Quando la sua identità viene scoperta e nessuno parla più dei segreti in sua presenza, le visite sul suo sito internet calano drasticamente; in quel momento decide d’inventarsi gli articoli di sana pianta.

Immagino che verificare le fonti degli articoli fosse un problema già all’epoca in cui andò in onda l’episodio, ma l’aspetto che mi ha colpito è quando la vicenda si complica ulteriormente: Homer scopre che proprio una delle fake news che si è appena inventato di sana pianta è vera. Allora viene rapito e condotto su un’isola dove vengono tenute prigioniere altre persone che come lui hanno “scavato troppo a fondo”.

Homer vorrebbe tornare indietro, ma non può; inoltre al suo posto viene mandato un perfetto sosia, tradito solo da un marcato accento tedesco.

Insomma, isole deserte, complotti alla 007, sosia che lo impersonano: non è come se Homer avesse cominciato a vivere in una sua fantasia?

A quei tempi le fake news non erano un problema grave come oggi, perché l’accessibilità alla rete era minore e le persone erano influenzate in modo molto più marginale.

Sapete? Mi sono sempre chiesto cosa spinga le persone a creare fake news. Ponendo che chi scrive questi articoli non abbia un ritorno economico, cosa c’è a fondo di questo desiderio?

Penso che sia lo stesso che spinge persone che non si possono definire scrittori, a scrivere un libro. Quando le tue parole vengono lette e assorbite dalle altre persone, hai la prova di essere vivo ed esistere. Quello che pensi influenza gli altri, e anche se non ne trai un vantaggio economico o sociale è una sensazione che credo possa trasmettere euforia o un senso di appagamento. Naturalmente scovare notizie autentiche e verificarle è un processo che richiede tempo, energia e preparazione. Ma, una volta che si ha un dispositivo in grado di connettersi alla rete, neanche questo è un problema.

“Vieni a vivere nella mia fantasia”. Credo che molti autori di fake news, scrivendole, inconsciamente potrebbero pensare questo.

Portare le persone a condividere le proprie convinzioni in un mondo che in realtà non esiste può apparire agli autori come un gesto innocente: parlo della nostalgia di un mondo in cui bastava dire qualcosa perché gli altri ci credessero, e dove le conseguenze non erano mai troppo gravi.

È per questo che, ogni volta in cui che m’imbatto in una fake news, mi sembra che l’autore possa essere un bambino, o “un adulto infantile”. Può essere che questi autori pensino che, allo stesso modo in cui ce la si cavava con poco da bambini, anche in quel caso non ci saranno eccessive ripercussioni.

Proprio come alla fine di ogni episodio, i Simpson si dimenticano le vicende appena trascorse, pronti a ricominciare daccapo.