L’ordine delle cose non può stare in un rituale

Sono come due fogli sovrapposti. Non ci passa la luce attraverso, eppure so che non sono perfettamente allineati. Una microscopica linea fatta di carta sfora a destra o a sinistra, un angolo si allunga prepotente, minuscolo certo, ma evidente. Mi chiedono di confessare ma non importa quale siano le parole da sciogliere nell’aria. Non importa sapere di che dati si tratti, soltanto sono parole fasulle perché non riescono a vivere da sole devo metterle insieme e ordinare. Ma non stanno in piedi.
Dopo la pacificazione a opera dello shogunato molti samurai caduti in disgrazia, ronin, richiedevano di poter compiere seppuku presso un clan, permettersi la morte senza perdere l’onore.
Rimanere fissi, solidi, certi e cementificati nelle proprie certezze. Non un passo indietro.
Alcuni però cominciarono a fingere, chiedevano di poter compiere seppuku quando in realtà aspettavano di essere dissuasi per poter ricevere una piccola elemosina e poter essere così congedati.
Due fogli di carta che non sono perfettamente sovrapposti. L’immagine del samurai che vuole morire e quella dell’uomo che vuole sopravvivere. Si crea una corrispondenza tra gli errori, si creano due linee che portano a due risultati diversi. E se accadessero entrambi? O se le due scelte si intrecciassero e fossero capaci di capovolgere ogni risultato, un samurai che sopravvive e un uomo che muore, una morte che continua indispettita a camminare per le strade? Tutto dipende dalla condivisione e dal pubblico. Questi due fogli sovrapposti che mi tormentano, questa confusione che riesco a vedere solo io, negli spazi malconci di un sistema che registra progressi ed errori, sono parole che hanno senso soltanto perché io le sto osservando uscire dalla mia bocca e perché qualcuno giudicherà se sono corrette.
Il samurai chiede di morire per mantenere un onore che il clan vedrà salire dal suo corpo come lunghe fiamme roboanti immagino, ma dove sta la verità? Dove sta l’ordine completo di tutte le cose se tutto può essere intravisto anche solo con la coda dell’occhio ed essere reinterpretato in un’altra maniera?

Mentre consegno le parole mi chiedo se questa condivisione non farà altro che far caracollare me stesso un po’ a destra, adeguandomi allo stato delle cose che ho raccolto, se anche io dovrei cercare onore altrove, o semplicemente fermarmi, per far sì che niente sia più storto e imbizzarrito, per chiudere tutte le condivisioni e non permettere a nessuno di dirmi se sono giusto o sbagliato. Richiedi l’assoluto silenzio, continuo a ripetermi, pretendi l’immobilità universale.