Nella Palude

Immobile.
Come congelato, come se le mie infinite radici avessero scavato troppo a fondo, come paralizzato dal terrore, come rinchiuso in una gabbietta di serenità.
Fa freddo.
Il mio corpo gela, il mio calore lentamente svanisce, i miei battiti si fanno più lenti e dimentico l’affetto e i ricordi.
In basso.
Sempre più in basso, verso il cuore della terra, verso l’abisso della mia apatia, verso l’oblio di me stesso.
E non si ferma.
Continua, come la mia vita, come la mia morte, come la mia mente e la mia ansia, come se fosse destino.

Le mie parole affondano con me nella melma, liriche di vita si inzuppano di fango e svaniscono sotto la superficie, risate vuote marciscono e si confondono con la palude.
Non c’è rifugio, o forse c’è solo rifugio nel fango, ma non so ancora come respirare e vivere e annaspo, ubriaco di malinconia e in astinenza di amore, confondendo me e me stesso, dimenticando ogni cosa mentre tutto sprofonda con me. Possibile che il mio stesso scrivere sia come costringermi ad annegare nella melma che mi circonda? Incapace di sfuggire a questo tormento, continuo a scrivere…