Occhio per occhio

Penelope ama le cose che luccicano. Ogni mattina si sveglia col primo sole che filtra dalle finestre e perde ore incantata a seguire il gioco di luce che crea la sua collezione di gioielli irrorata dall’alba. Aprire gli occhi è più dolce, così, rassicurata dal luccicante benessere che la circonda. Ama quei risvegli lenti, si alza, beve qualcosa, spilucca un po’ di cibo e torna a godersi il tepore del giaciglio che ha impiegato settimane a sistemare adeguatamente, in modo che le risultasse confortevole. Così dorme per ore, cullata dalla consapevolezza di essere nell’angolo di mondo cucito su misura per lei e poi si risveglia con calma e le ore del giorno passano lievi mentre ispeziona con cura le sue gioie, scoprendole, spostandole, contandole, ogni volta con la stessa meticolosa ossessione.  Sono 37 al momento, potrebbero aumentare, se solo ne avesse la possibilità. Sicuramente non potrebbero diminuire. L’ultima persona che ci ha provato – a intaccare quel suo prezioso bottino – ci ha rimesso un occhio. Sembrava dolce la piccola Maya, gentile persino. Penelope si fidava. Tremendo errore. Come si era sentita tradita quando l’aveva sorpresa ad arraffare un anello di smeraldi con quelle manine appiccicose e sgraziate! Si era allontanata solo un attimo e Maya, furbissima, ne aveva approfittato. Ma l’aveva pagata. Mai più si sarebbe azzardata a desiderare la roba d’altri: “consideralo il mio regalo d’addio, non c’è di che, cara amica di un tempo” pensava meditabonda Penelope mentre ancora sentiva in gola il gusto del sangue di Maya, vischioso mentre le imbrattava le piume, e la sensazione gelatinosa e sacrilega del bulbo oculare infilzato nel becco.

Maya aveva urlato, si era dimenata, e frotte di adulti si erano riversati nella stanza, morbosamente ansiosi per quella macchia brunita in mezzo alla faccia, un tempo voluttuosa e ora miseramente svuotata della pupilla azzurra, così chiara, così luminosa, tanto simile ad un gioiello da essere riuscita ad ingannare persino Penelope. Si era fidata troppo, quello era stato l’errore. Ma aveva rimediato.

Da quel giorno però la gabbia non veniva più aperta, addirittura nessuno entrava più nella stanza che un tempo, lei e Maya, avevano condiviso. Per questo Penelope non aveva più avuto modo di accrescere la sua collezione di preziosi. Restavano 37: svariati bracciali e anelli, una catenina con un pendente a forma di cuore, persino una tabacchiera in argento.

E un bulbo azzurro rinsecchito che spandeva tutto intorno il puzzo della parabola.