P.A.I.C.A.P.

Tutte le estati la mia famiglia andava a far visita al signor Tonio, amico di lunga data dei miei nonni, che abitava in una cascina sulle colline senesi. Era un viaggio che aspettavo sempre trepidante, ma nessun anno fu memorabile come il 2004.

Avevo nove anni e il brutto vizio di spacciare per mie storielle di altri, per il solo gusto di vedere chi ci credeva: le cambiavo leggermente, per essere più credibile. Ne raccontai una formidabile durante il pranzo – peccato non la ricordi più – ma non riuscii a finirla, mia madre mi diede uno scappellotto intimandomi di raccontare solo storie originali, perché prendersi il merito del lavoro altrui è da brutte persone.

Essere rimproverata a tavola mi intristì, ma durante il pomeriggio il signor Tonio mi chiamò nel suo studio, uno dei miei posti preferiti: odorava di libri polverosi e c’era sempre poca luce.

Dalla libreria prese un libro vecchio quasi quanto lui, mi fece accomodare sulle sue ginocchia spigolose e iniziò a leggere.

«…Narro quindi alla buona e senza pretese, le peripezie della mia vita, siano esse tristi o gaie, buone o cattive, perché non mi piace di nascondere nulla; e se qualche anima timorata si sentirà scandalizzata, pazienza. In questo mio modesto lavoro il lettore non troverà che un solo merito: la sincerità. …». avrei Avrei potuto stare ore ad ascoltare il signor Tonio, ma dopo una decina di pagine si fermò di colpo.

«Lo sai che lavoro faceva questo signore?». Scossi la testa, ovviamente. «Era un falsario, dipingeva dei finti quadri antichi e li vendeva a ricchi collezionisti internazionali.».

«E l’hanno scoperto?». «Quando ha scritto questo libro di memorie, ma ormai era vecchio.».

«E nessuno si è accorto che vendeva quadri falsi prima?». «Nessuno degli acquirenti, era davvero bravo.».

«E perché non dipingeva quadri suoi se era così bravo?». il Il signor Tonio mi accarezzò la testa compiaciuto, come fossi stata un cucciolo. «Questa è una bella domanda, piccina. Devi sapere che al signor Icilio non interessava veder riconosciuto il suo talento, voleva burlare i critici d’arte sapientoni, i collezionisti pomposi. Quando gli chiedevano il perché, prima del libro, si definiva come un nuovo, particolare Robin Hood: ingannava i ricchi creduloni per riderne con i poveri talentuosi…».

«E tu lo conoscevi davvero, signor Tonio?»; ignorò la mia domanda, era partito sulla scia dei suoi pensieri.

«…È meschino il falsario o scemo chi crede al falso? …Icilio Federico Joni… La tua è proprio una bella storia. P.A.I.C.A.P., che firma…». Tornò ad accorgersi di me. «Pensa a quel che puoi imparare dal signor Icilio, piccina.». Me ne andai perplessa.

L’anno dopo speravo di poter approfondire la questione, ma il signor Tonio stava troppo male, morì in autunno. Mi lasciò la sua copia de Le memorie di un pittore di quadri antichi, la tengo ancora sullo scaffale.

La mia storia finisce qui, ma dopo tutto questo tempo, forse non ho ancora perso il vizio. In tutta sincerità, nulla di ciò che ho scritto è vero.

Controllate, se mi credete.