Resistenze

Daniel guardava quel buio profondo dal palco. Era da due ore che la sua band suonava circondata da ombre. Nel locale si era fulminata qualche lampadina e la calca faceva il resto. L’unica vera luce era il riflettore puntato sul palco, che in fondo non illuminava nemmeno troppo. Daniel non era intimorito. Conosceva a memoria ogni movimento. La mano destra si muoveva lenta sulle corde del contrabbasso, mentre le dita della sinistra saltavano senza sosta. C’erano lui, Jacob al sax e Andrew alla batteria e Jim piegato sul suo piano nero. Daniel era l’unico bianco.

Da poco si era trasferito a New York per cercare lavoro come giornalista, ma farsi largo in quel labirinto statunitense era più faticoso di quanto avesse solo immaginato. Si era trovato un appartamento nel quartiere di Brownsville. Quel giorno il proprietario lo aveva minacciato di volerlo sfrattare per insolvenza, com’era già successo almeno un paio di volte, ma lui era riuscito a confonderlo strappandogli un’altra settimana.

Il lavoro da musicista lo aveva trovato per necessità e casualità. Non avrebbe mai potuto di chiedere ospitalità a uno della band. Kennedy era appena stato eletto, ma chi gli garantiva che non sarebbe stato linciato da qualche gruppetto di conservatori? Non voleva tornare a casa sconfitto e temeva di finire per strada.

Ora però c’era solo la notte. Per Daniel la notte, quella notte, non era fatta delle otto ore di sonno che si concedono gli impiegati tristi o degli abat-jour con i paralumi ingialliti. Il buio non si combatteva con il bulbo di una lampadina a incandescenza. Si sentiva a casa solo quando suonava jazz nei locali. Provava lo stesso calore delle resistenze che lottano contro il vuoto del buio.

La canzone stava terminando, con tutta l’esibizione. Jacob mollò la presa del suo sax, inspirando così profondamente da doversi slacciare i primi bottoni della camicia. Poco dopo smisero anche gli altri. Daniel uscì dal retro per fumare. Gli angoli dei bar vicino alla spazzatura sono sempre in ombra. Lui li cercava per avere la pacata riservatezza che non c’era sopra il palco. Pensava fosse l’unico modo per stare al sicuro con le proprie idee. Da quell’angolo tra i palazzi non trovò neanche la luna. Non provava paura, era solo stordito. Respirò profondamente e si accese una sigaretta che iniziò a brillare in quel buio.