Sala d’attesa

–Sala d’attesa–

Squilla un cellulare. La stanza si riempie di disco music.

Rispondi

Quello che succederà lo so bene non ho da temere, ho parlato con me stesso in questi giorni, non importa quale sarà il responso sarò pronto.

Non è vero. Odio ciò che non posso controllare, talmente imprevedibile; mi sentirei sollevato se gli sentissi pronunciare quelle parole, se così non fosse mi dissolverei all’istante, senza lasciare traccia, sparito.

Dicono che sensazioni come questa ti facciano sentire vivo. Quelli sono gli stessi che preferiscono godere con un sacco chiuso sulla testa mentre sotto, la vita pulsa intermittente.

Deliro, brividi e vampate si contendono parti del corpo.

Rispondi ti prego.

Mi muovo a fatica verso il bagno per rinfrescare il viso. Ho fatto una doccia venti minuti fa ma sono sudicio; riconosco questo odore, i muri della sala d’attesa ne sono impregnati. Esco. Nello stesso momento vedo uscire un signore dalla stanza dove poi dovrò accomodarmi, meno uno.

Smettetela di aprire quelle porte, solo alla vista di quel colore e di quelli arnesi metallici mi si attorcigliano le budella.

Facce sorridenti, come cazzo vi permettete, io sono qui davanti a voi, ho bisogno del vostro aiuto e voi sorridete? Compiacetemi! Perché voi si ed io no? Chi siete? Raccontatemi tutta la vostra vita, avanti!

È così difficile premere quel tasto per dio?

Se non lo spegni te lo strappo di mano brutta stronza! Credi che la felicità ti dia il diritto di isolare tutto il resto? Che ognuno valga per sé?

In fin dei conti hai ragione, non ti biasimo. Uno e uno solo, l’ho capito anch’io passando del tempo qui dentro.

Ma ancora non rispondi.

Se avessi la forza ti vorrei come ultimo desiderio, me ne infischierei del tuo piacere. Anestetico in carne ed ossa.

Risponde finalmente.

Il mio turno. Mi alzo.

Il mio anestetico se ne va. Ecco, ancora solo.

Svengo.