Silhouette

Ti avevo nascosto qualcosa nel buio, la sera prima, prevedendo certe distanze che si sarebbero create da lì a poco. Non te l’avevo mai detto, prendendomi la briga di metterci anche la tua silhouette, quel giorno che andammo al mare insieme.

Mi avevi chiamato quando l’aria a luglio cominciava a rinfrescarsi, nonostante il mondo non fosse ancora immerso nel buio. Dardi amaranto lasciavano cicatrici dorate nel cielo quando ti risposi al telefono. Sarei venuto al mare a fare un bagno con te, certo: te lo dissi con un entusiasmo direttamente proporzionale al colore della tua voce. Raccolsi il necessario in fretta; riuscii anche a comprare un paio di birre da qualche bottega tra i vicoli del paese. Tu mi aspettavi già lì, con il viso rivolto al mare e le piccole spalle perpendicolari all’esistenza. Avevi raccolto i capelli in una coda e avevi, nonostante il sale che ti si sarebbe attaccato sul collo, indossato il nostro profumo, al sapore di fiori di hammam. Avevi ascoltato i miei passi e prima di salutarti nella stretta di un abbraccio, gli occhi caddero sulle tue forme nascoste dal bikini nero. Il tuo anellino al naso ti rendeva così smaccatamente diversa ai miei occhi. L’acqua gelida ci lasciò brividi aggrappati alla pelle: li osservai percorrerti la curva della schiena una volta usciti. Il sole li aveva colorati di speranze e fiori orientali.

Più bassa di me, riuscivo a penetrare i tuoi occhi dall’alto. Falco nel dirupo. Mentre ci avvolgevamo l’asciugamano rompesti il silenzio avvisandomi della tua decisione. L’aria vibrò per un attimo, come mossa da dita. Le immaginai suonare una melodia di Nihls Fraham e tra una nota e l’altra riuscii addirittura ad ascoltare il silenzio del grammofono, mentre aspettavi la mia benedizione. Spallucce. Non dissi nulla. Non vi diedi la mia benedizione, anzi qualche anatema mi sfuggii tra i denti.  Ad un tratto il sole era calato e il buio ci aveva avvolti: te lo ricordi N, amica mia? Fu notte, subito.

Da quel momento continuasti a guardarmi per un po’, poi nel silenzio mi desti un bacio sulla guancia con un leggero tocco delle labbra. Profumo di hammam.

La notte allora non fu più un concetto relativo: il buio diventò la stagione successiva a quell’estate in cui partisti.

Vivi fuori dal resto, diceva una poesia di Lino Park.

Ho vissuto da quel momento tutta una vita fuori dal resto del mondo illuminato, scrivendo poesie sui tuoi ritorni puntualmente inghiottiti dall’oscurità vorace. Avevo conservato la tua ombra — strappo netto mentre andavi via — ma in questo disordinato nero l’ho persa.

Eppur t’amavo, in un certo senso, amica mia.

La cerco. Promesso.